IL DIRITTO DI SERVITÙ POSTO A CARICO DI PARTI COMUNI DI UN CONDOMINIO NON FA DEL TITOLARE UN “CONDOMINO”
Con la sentenza n. 28268 del 4 novembre 2024, la Corte di Cassazione ha escluso che la costituzione di una servitù di passaggio su parti comuni di un edificio abbia alcuna rilevanza in merito all’accertamento, in capo al suo titolare, della qualità di condomino.
La vicenda prende le mosse dall’azione dei comproprietari di un immobile adibito a cinema all’aperto, i quali adivano il Tribunale di Forlì per veder accertata l’estraneità del loro immobile al condominio ed ottenere, invece, l’accertamento positivo dell’esistenza di una servitù prediale gravante sull’androne dell’edificio; resisteva il Condominio, domandando in via riconvenzionale l’accertamento della qualità di condomini in capo agli attori.
Come corollario, naturalmente, le opposte pretese miravano ad ottenere, per gli attori, l’esenzione dal pagamento delle spese condominiali per la conservazione e il godimento delle parti comuni, e per il Condominio convenuto, il loro assoggettamento ai sensi dell’art. 1123 c.c..
Il Tribunale accoglieva le domande attoree, escludendo l’esistenza di un condominio unitario; la Corte d’Appello di Bologna, in parziale accoglimento del gravame avanzato dal Condominio, pur escludendo l’esistenza di un condominio, negava tuttavia l’esistenza di un diritto di servitù di passo attraverso l’ingresso e l’androne dell’edificio.
Investita dell’esame della controversia, la Seconda Sezione civile della Corte di Cassazione ha affermato come il riconoscimento in favore di immobili di proprietà individuale di un diritto di servitù costituito per contratto e posto a carico di parti comuni di un condominio non vale di per sé a negare né a conferire al titolare di tale servitù la qualità di “condomino”.
Presupposto indefettibile per l’applicazione della disciplina del condominio negli edifici è l’accertamento di un rapporto di accessorietà necessaria che lega alcune parti comuni a porzioni o unità immobiliari di proprietà individuale, delle quali le prime rendono possibile l’uso o l’esistenza stessa delle seconde.
Come più volte sancito dalla stessa Corte di Cassazione, e come normativamente fissato dall’art. 1117 bis c.c., tale rapporto di accessorietà è ravvisabile non solo nei fabbricati che si estendono in senso verticale, ma altresì nei casi, come quello di specie, di unità immobiliari adiacenti orizzontalmente (c.d. condominio orizzontale), ove presentino parti necessarie all’uso collettivo o aree, opere o installazioni destinate all’uso comune.
Tale rapporto di accessorietà è poi normativamente presunto, se non risulta il contrario dal titolo, per le parti dell’edificio elencate dall’art. 1117 c.c..
Diversamente, ove si ravvisasse unicamente una servitù prediale su un bene condominiale, nel caso di specie sul portone d’ingresso e sull’androne del fabbricato, in favore di una proprietà esclusiva esterna al complesso immobiliare, tale proprietà non viene a partecipare al condominio, trovando pertanto applicazione, ai fini del riparto delle spese per la conservazione del bene, l’art. 1069 c.c..
Per quanto attiene poi al momento genetico, chiarisce la Corte, il diritto di servitù non può mai essere presunto, presupponendo la sussistenza di un titolo contrario che superi la presunzione di condominialità.
Il Collegio, nel rinviare la causa al giudice del merito, fissa pertanto i principi a cui questi avrebbe dovuto attenersi per ricostruire l’assetto dei rapporti oggetto di causa:
- ai sensi dell’art. 1117 c.c., ove l’androne e il portone d’ingresso fossero strutturalmente e funzionalmente destinati non al servizio esclusivo di singole unità immobiliari, bensì al servizio di più corpi di fabbrica che si sviluppano orizzontalmente, appartenenti a proprietari diversi, ma costituenti un’unica unità immobiliare, devono presumersi oggetto di comunione, se il contrario non risulta dal titolo;
- il titolo contrario alla presunzione di condominialità dell’androne, avente tale destinazione oggettiva, richiede una espressa e inequivoca dichiarazione di volontà contenuta nel primo atto di frazionamento costitutivo del condominio che faccia ritenere che tale bene sia stato riservato dall’alienante o attribuito ad un singolo condomino in proprietà esclusiva;
- non costituisce ex sé un titolo contrario ai sensi del 1117 c.c. la costituzione di una servitù a carico di parti comuni ed a vantaggio di una o di più proprietà esclusive poiché l’esistenza di una siffatta servitù in favore della singola unità immobiliare non esclude la condominialità del fondo servente, del quale resta contitolare anche il proprietario della porzione individuale dominante.
Peraltro, i Giudici di Legittimità, ricostruito il percorso logico a cui il Giudice del merito avrebbe dovuto attenersi, rilevano altresì la nullità del giudizio sulla base di un rilievo pregiudiziale: sia la domanda di accertamento, negativo e/o positivo, della qualità di condomino, sia quella diretta all’accertamento di una servitù su un fondo di proprietà condominiale, impongono la partecipazione di tutti i condomini in una situazione di litisconsorzio necessario, non essendo l’Amministratore di condominio, in forza delle attribuzioni e del potere di rappresentanza di cui agli artt. 1130 e 1131 c.c., legittimato attivo e/o passivo della causa.