LA REVISIONE DELLE CONDIZIONI DI MANTENIMENTO DEI FIGLI STABILITE CON ACCORDO DI NEGOZIAZIONE ASSISTITA

La riforma Cartabia ha introdotto modifiche anche in tema di revisione delle condizioni di mantenimento della prole stabilite in sede di separazione e divorzio, abrogando in particolare l’art. 710 c.p.c. e l’art. 9, comma 1 della l. n. 898/1970.

Tali norme sono state ora sostituite dall’art. 473 bis.29 c.p.c., il quale prevede che “qualora sopravvengano giustificati motivi, le parti possono in ogni tempo chiedere, con le forme previste nella presente sezione, la revisione dei provvedimenti a tutela dei minori e in materia di contributi economici”.

Al riguardo vi è una importante novità rispetto all’art. 710 c.p.c., il quale non contemplava appunto tra i presupposti per richiedere la modificazione dei provvedimenti riguardanti i coniugi e la prole conseguenti la separazione la “sopravvenienza di giustificati motivi”, mentre tale condizione era già prevista dall’art. 9, comma 1 della l. n. 898/1970.

In passato la giurisprudenza si era pronunciata in materia di assegno di mantenimento, stabilendo che “i “giustificati motivi”, la cui sopravvenienza consente di rivedere le determinazioni adottate in sede di separazione dei coniugi, sono ravvisabili nei fatti nuovi sopravvenuti, modificativi della situazione in relazione alla quale la sentenza era stata emessa o gli accordi erano stati stipulati, con la conseguenza che esulano da tale oggetto i fatti preesistenti alla separazione, ancorché non presi in considerazione in quella sede per qualsiasi motivo” (Cass. n. 28436/2017).

Di recente la Suprema Corte è altresì intervenuta in un caso di modifica delle condizioni di mantenimento stabilite in sede di divorzio tramite l’istituto della negoziazione assistita prevedendo che “In tema di regime economico in favore della prole, in conseguenza della crisi familiare, la misura del contributo per il mantenimento dei figli minorenni, determinata in seno alla convenzione di negoziazione assistita per la soluzione consensuale del divorzio, ai sensi del d.l. n. 132 del 2014, convertito con modifiche in l. n. 162 del 2014, è suscettibile di essere modificata, ai sensi dell’art. 337-quinquies c.c., in presenza degli stessi presupposti previsti per il caso in cui l’assegno sia stato determinato in sede giurisdizionale, poiché l’accordo produce gli effetti dei provvedimenti giudiziali che definiscono i procedimenti di separazione personale o di cessazione degli effetti civili del matrimonio. È, dunque, necessario l’accertamento di una sopravvenuta modifica delle condizioni economiche dei genitori e anche dell’idoneità di tale modifica a mutare il pregresso assetto patrimoniale, realizzato con la convenzione attributiva del menzionato assegno” (Cass. n. 19388/2024).

Il caso riguardava il deposito contestuale presso il Tribunale di Bologna di due separati ricorsi a sensi dell’art. 9 l. n. 898/1970 da parte di due ex coniugi che entrambi richiedevano la modifica delle condizioni di divorzio concordate in sede di negoziazione assistita nel giugno del 2019, ricorsi che venivano poi riuniti.

Entrambi i ricorrenti chiedevano l’adozione di provvedimenti ex art. 709 ter c.p.c., proponendo anche istanze urgenti in merito al calendario di visita delle minori al padre, oltre che alla revisione dell’ammontare dell’assegno di mantenimento.

Il Tribunale di Bologna disponeva CTU sulle capacità genitoriali e, in parziale modifica delle condizioni di divorzio, regolamentava in modo differente il calendario di visita secondo quanto proposto dalla CTU, ammoniva la ex moglie ai sensi dell’art. 709-ter c.p.c. e respingeva ogni ulteriore domanda.

La ex moglie proponeva dunque reclamo innanzi alla Corte d’Appello di Bologna, lamentando l’illegittimo rigetto della domanda di aumento del contributo paterno per le figlie, ma tale richiesta veniva dichiarata inammissibile poiché la Corte stessa rilevava che le parti avevano liberamente concordato la misura e le modalità del mantenimento della prole in sede di negoziazione assistita, aggiungendo che l’eventuale inadempimento poteva essere sanzionato accedendo a procedure esecutive e non con la richiesta di aumento del contributo.

Peraltro, la ex moglie non aveva provato significative modifiche economico-patrimoniali degli ex coniugi tali da giustificare la richiesta, ma solo evidenziato la sproporzione reddituale tra gli stessi; circostanza che era già stata considerata al momento del raggiungimento dell’accordo con negoziazione assistita.

La ex moglie proponeva quindi ricorso per Cassazione, adducendo, tra l’altro, che il Giudice avrebbe dovuto adottare d’Ufficio i provvedimenti modificativi delle statuizioni circa il mantenimento a prescindere dagli accordi raggiunti dalla coppia, essendo chiamato a tutelare le esigenze delle minori.

Al riguardo la Corte di Cassazione ha chiarito, dunque, che il contributo al mantenimento della prole era stato concordemente individuato dai genitori in sede di negoziazione assistita e che la tutela delle situazioni soggettive meritevoli di protezione è sempre garantito dalla previsione dell’intervento del Procuratore della Repubblica, al quale, appunto, deve essere trasmesso l’accordo per l’emissione dell’autorizzazione o del nulla osta.

Pertanto, il Giudice, chiamato a pronunciarsi in merito alla revisione delle condizioni di mantenimento della prole stabilite con accordo di negoziazione assistita, non potrà effettuare una nuova e autonoma valutazione dei presupposti dell’entità dell’assegno di mantenimento, né potrà prendere in esame fatti anteriori la definitività dell’accordo stesso, dovendo solo verificare se siano sopravvenute circostanze che giustifichino la richiesta di adeguamento dell’assegno di mantenimento; ciò in analogia a quanto stabilito anche dall’art. 473 bis.29 c.p.c., sopra citato.

Per completezza, si precisa che ora il giudizio promosso ai sensi della norma in parola deve essere proposto con ricorso secondo gli artt. 473 bis.11 ss. e si conclude con sentenza, mentre in precedenza il Giudice provvedeva con decreto.