LE SEZIONI UNITE SULL’AMMORTAMENTO ALLA FRANCESE
Con sentenza n. 15130 del 29 maggio 2024 le Sezioni Unite Civili della Corte di Cassazione ha composto l’annoso contrasto giurisprudenziale in tema di ammortamento alla francese (contrasto, a dire il vero, che già vedeva la stragrande maggioranza dei precedenti orientata nel senso poi confermato dall’arresto nomofilattico), relativamente alle conseguenze dell’omessa indicazione nel contratto di mutuo del regime di capitalizzazione composto degli interessi debitori, nonché della modalità stessa di ammortamento del mutuo; in particolare ci si chiedeva se a ciò potesse conseguire il rilievo di indeterminatezza dell’oggetto del contratto di mutuo, con conseguente nullità dello stesso ai sensi del combinato disposto degli artt. 1346 e 1418 c.c., nonché la violazione delle norme in tema di trasparenza bancaria di cui all’art. 117, comma 4 T.U.B., che prevede che a pena di nullità i contratti devono indicare il tasso di interesse ed ogni altro prezzo e condizione praticati.
Con l’occasione, la Suprema Corte analizza anzitutto le caratteristiche del piano di ammortamento alla francese, riconosciuto come il “più diffuso in Italia” nelle disposizioni della Banca d’Italia del 29 luglio 2009 in tema di Trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari. Questo piano è caratterizzato dal fatto che il rimborso del capitale e degli interessi avviene mediante il pagamento del debito in rate costanti, comprensive di una quota capitale crescente e di una quota interessi decrescente. Il mutuatario è quindi tenuto a pagare rate di importo sempre identico e le rate costanti sono composte dagli interessi, che vengono calcolati inizialmente sull’intero capitale erogato e successivamente sul capitale residuo, e da frazioni di capitale. La quantificazione di queste frazioni di capitale avviene in misura pari alla differenza tra l’importo concordato della rata costante e l’ammontare della quota interessi.
La pronuncia sottolinea come il calcolo del piano di ammortamento si sviluppi a partire dalla quota interessi e deducendo per differenza la quota capitale, e non viceversa. Il rimborso delle frazioni di capitale incluse nella rata in scadenza produce una riduzione del capitale (debito) residuo e una diminuzione del montante sul quale sono calcolati gli interessi maturati nell’anno. Questo meccanismo determina, fermo l’importo costante della rata (salvo che sia stato pattuito un tasso variabile, ma non su questo verteva il contrasto) una progressiva diminuzione della quota della rata successiva ascrivibile agli interessi e un corrispondente aumento della quota ascrivibile a capitale. In altre parole, all’inizio dell’ammortamento, la quota della rata destinata agli interessi è maggiore, mentre la quota destinata al capitale è minore per poi, con il passare del tempo, e con l’abbattimento del capitale residuo, avere la quota degli interessi che diminuisce progressivamente, mentre quella del capitale aumenta.
Il caso concreto sottoposto all’esame dei Giudici di Legittimità è quello di una signora che ha adito il Tribunale di Salerno chiedendo che la sua banca mutuante le rimborsasse i maggiori interessi, ritenuti indebitamente riscossi, su un mutuo da € 80.000,00. Il Tribunale di Salerno, nell’ordinanza di rinvio, aveva evidenziato l’esistenza di diverse interpretazioni sul punto e che nello specifico il contratto non indicava espressamente che il piano di ammortamento era quello cosiddetto alla francese, né che veniva applicato il regime di capitalizzazione composto degli interessi, indicando invece l’importo mutuato (€ 80.000,00), la durata del prestito (quindici anni), il numero delle rate costanti da restituire con la specificazione della quota per capitale e della quota per interessi, il TAN (tasso annuo nominale) e il TAE (tasso annuo effettivo).
Il Tribunale rimettente ha poi chiesto se la maggior quota di interessi complessamente dovuti in presenza di ammortamento alla francese rispetto a quello all’italiana (che prevede invece una quota capitale costante nel tempo e una quota di interessi decrescente: quindi una rata variabile) costituisca un prezzo ulteriore e occulto che rende il tasso d’interesse effettivo maggiore di quello nominale (TAN) e del TAEG dichiarati nel contratto, di cui il cliente dovrebbe essere informato, con conseguente nullità parziale della relativa clausola contrattuale per violazione dell’articolo 117, comma 4, T.U.B..
Le Sezioni Unite hanno stabilito che l’Istituto di credito avesseassolto agli obblighi informativi e di trasparenza fornendo il piano di ammortamento, che assicura al cliente la possibilità di verificare la rispondenza dell’offerta alle proprie esigenze e di valutarne la convenienza sul mercato, stabilendo il principio di diritto per cui “in tema di mutuo bancario, a tasso fisso, con rimborso rateale del prestito regolato da un piano di ammortamento alla francese di tipo standardizzato tradizionale, non è causa di nullità parziale del contratto la mancata indicazione della modalità di ammortamento e del regime di capitalizzazione «composto» degli interessi debitori, per indeterminatezza o indeterminabilità dell’oggetto del contratto né per violazione della normativa in tema di trasparenza delle condizioni contrattuali e dei rapporti tra gli istituti di credito e i clienti”.
Per la Suprema Corte si tratta di una indicazione conforme alle disposizioni della Banca d’Italia del 29 luglio 2009 che impongono agli istituti di credito di fornire l’informativa precontrattuale ai clienti mediante riepilogo puntuale delle somme dovute alle varie scadenze tramite un piano redatto in modo chiaro e comprensibile che indichi la periodicità e composizione delle rate, precisando se si preveda il rimborso periodico del solo capitale, dei soli interessi o di entrambi, anziché mediante ricorso a formule lessicali o a espressioni matematiche che vorrebbero spiegare le modalità di calcolo degli interessi ma la cui esigenza di precisione si scontra con un livello di tecnicismo che sfugge alla comprensione dei più.
Deve dunque escludersi che la mancata indicazione nel contratto di mutuo bancario, a tasso fisso, della modalità di ammortamento alla francese e del regime di capitalizzazione composto degli interessi incida negativamentesui requisiti di determinatezza e determinabilità dell’oggetto del contratto causandone la nullità parziale; e ciò anche se l’ammortamento alla francese può determinare un significativo incremento del costo complessivo del denaro preso a prestito per effetto del regime composto di capitalizzazione degli interessi, cioè un ulteriore prezzo da esplicitare chiaramente nel contratto, poiché “l’interesse prodotto in ogni periodo si somma al capitale e produce a sua volta interessi”.
La sentenza chiarisce inoltre che la differenza tra i due piani di ammortamento non dipende dal fatto che il tasso di interesse effettivo nel caso di ammortamento alla francese sia complessivamente maggiore di quello nominale, “quanto piuttosto dall’essere tale effetto riconducibile alla scelta concordata del tempo e del modo del rimborso del capitale, in cui le rate iniziali prevedono interessi più elevati perché è più elevato il capitale (non ancora restituito) di cui il debitore ha beneficiato”. Tale differenza, prosegue la decisione, è ascrivibile alla circostanza che nell’ammortamento all’italiana si abbatte più velocemente il capitale (con pagamento di rate iniziali più alte) e, quindi, gli interessi che maturano sul capitale residuo inferiore sono inevitabilmente più bassi. Il maggior carico di interessi derivante dell’ammortamento alla francese “non deriva dunque da un fenomeno di moltiplicazione in senso tecnico degli interessi che non maturano su altri interessi e non si traduce in una maggiore voce di costo, prezzo o esborso da esplicitare nel contratto, non incidendo sul TAN e sul TAEG, ma costituisce il naturale effetto della scelta concordata di prevedere che il piano di rimborso si articoli nel pagamento di una rata costante (inizialmente calmierata) e non decrescente”.