RISOLUZIONE DEL CONTRATTO PER INADEMPIMENTO:

è sempre necessaria la diffida ad adempiere?

Il nostro ordinamento prevede diverse forme di risoluzione del contratto, che sono: la risoluzione per inadempimento, la risoluzione per impossibilità sopravvenuta della prestazione e la risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta.

In questa breve analisi ci si vuole soffermare su alcuni aspetti legati alla risolubilità per inadempimento, con specifica attenzione alla fase stragiudiziale del rapporto in cui una delle parti non ha adempiuto ai propri obblighi contrattuali, e all’istituto della diffida ad adempiere.

L’art. 1453 c.c. prevede espressamente che “nei contratti con prestazioni corrispettive, quando uno dei contraenti non adempie le sue obbligazioni, l’altro può a sua scelta chiedere l’adempimento o la risoluzione del contratto, salvo, in ogni caso, il risarcimento del danno.

La risoluzione può essere domandata anche quando il giudizio è stato promosso per ottenere l’adempimento, ma non può più chiedersi l’adempimento quando è stata domandata la risoluzione.

Dalla data della domanda di risoluzione l’inadempiente non può più adempiere la propria obbligazione”.

Quindi, la risoluzione del contratto per inadempimento si ha quando la parte che subisce l’inadempimento del contratto ha la possibilità di adire il Giudice Civile, territorialmente competente, per chiedere la risoluzione del contratto stesso, appunto per inadempimento, oppure l’adempimento del contratto, salvo in ogni caso il risarcimento del danno.

Nell’ipotesi della di risoluzione del contratto per inadempimento esistono delle fattispecie in cui l’intervento dell’organo giudicante è meramente eventuale ed ha solo la finalità di dichiarare giudizialmente l’esistenza della risoluzione che in realtà si è già prodotta; si tratta della diffida ad adempiere, della clausola risolutiva espressa, e del termine essenziale; solo in queste ipotesi, che devono quindi essere espressamente previste nel contratto, questo si risolve di diritto. Il tutti gli altri casi sarà necessaria una pronuncia del Giudice.

Sulla natura della pronuncia giudiziale, per maggior completezza espositiva, si vuole segnalare che a seconda della natura della causa di risoluzione del contratto può aversi una pronuncia costitutiva o una pronuncia meramente dichiarativa; difatti, secondo pacifica giurisprudenza della Corte di Cassazione, l’azione di risoluzione del contratto per inadempimento ex art. 1453 c.c., tendendo ad una pronuncia costitutiva diretta a sciogliere il vincolo contrattuale, previo accertamento da parte del Giudice della gravità dell’inadempimento, differisce sostanzialmente dall’azione di risoluzione di cui agli artt. 1454, 1456 e 1457 c.c., poiché in tal caso l’azione sarebbe tendente ad un pronuncia dichiarativa dell’avvenuta risoluzione di diritto a seguito del verificarsi di un fatto obiettivo previsto dalle parti come determinante lo scioglimento del rapporto (Cass., 26 novembre 2021, n. 36918).

Tornando invece a parlare di diffida ad adempiere, questa può essere considerata una delle tre forme di risoluzione stragiudiziale del contratto; con quest’atto quindi una parte manifesta all’altro contraente una duplice volontà: quella conservativa del contratto in caso d’adempimento nel termine assegnato o, in mancanza di tale adempimento nel termine di 15 giorni, quella risolutiva del contratto stesso che, in questo modo, si risolve automaticamente e stragiudizialmente in virtù della diffida inviata.

Rispetto alla semplice intimazione ad adempiere o costituzione in mora ex art. 1219 c.c., la diffida ad adempiere, nella sua struttura logica e sistematica, è uno strumento offerto ad un contraente nei confronti dell’altro inadempiente per una celere risoluzione del contratto, affinché il contraente adempiente non resti vincolato all’altro fino alla pronuncia del Giudice e possa provvedere con altri alla realizzazione del suo interesse negoziale (Cass., 8 agosto 1978, n. 3851).

Pertanto, in difetto di clausola risolutiva espressa, la risoluzione del contratto per inadempimento può essere ottenuta solo mediante intimazione ad adempiere ex art. 1454 c.c., essendo privo di effetto l’atto unilaterale con cui la parte dichiari risolto il contratto (Cass., 21 luglio 2016, n. 15070).

Per rispondere dunque alla domanda iniziale, l’unico strumento che ha la parte adempiente per ottenere la risoluzione stragiudiziale del contratto (in assenza di un termine essenziale o di una clausola risolutiva espressa) è quella di procedere con la diffida ad adempiere; peraltro, secondo un orientamento giurisprudenziale (Cass., 4 settembre 2023, n. 25703) l’intimazione da parte del creditore della diffida ad adempiere, di cui all’art. 1454 c.c., e l’inutile decorso del termine fissato per l’adempimento non eliminano la necessità, ai sensi dell’art. 1455 c.c., dell’accertamento giudiziale della gravità dell’inadempimento in relazione alla situazione verificatasi alla scadenza del termine ed al permanere dell’interesse della parte all’esatto e tempestivo adempimento.