MANTENIMENTO DEI FIGLI E SPESE STRAORDINARIE
La prima sezione civile della Corte di Cassazione, con sentenza n. 7169 del 18 marzo 2024 ha stabilito che le spese straordinarie che si rendono necessarie per il mantenimento dei figli, vanno ripartite in misura proporzionale al reddito di ciascun coniuge.
Costituiscono spese straordinarie e, pertanto, non ricomprese nell’ammontare dell’assegno ordinario previsto con erogazione a cadenza periodica, quelle che non siano prevedibili e ponderabili al tempo della determinazione dell’assegno, e che dunque, se sostenute da uno soltanto dei genitori, per la loro rilevante entità, comporterebbero una violazione del principio di proporzionalità della contribuzione genitoriale: sono straordinari infatti tutti quegli ingenti oneri sopravvenuti che non erano attuali né determinabili al tempo della quantificazione giudiziale o convenzionale dell’assegno.
La sentenza prende le mosse dalla vicenda di due coniugi che si separano consensualmente nell’anno 1998 per poi divorziare nel 2006 quando il figlio della coppia, ancora minorenne, aveva undici anni. La sentenza di divorzio confermava le pattuizioni concordate in fase di separazione e con riguardo al figlio non recavano alcuna previsione riferibile alle spese straordinarie.
La moglie conveniva in giudizio il marito avanti il Tribunale di Taranto che, con sentenza condannava quest’ultimo a rimborsare all’attrice un importo pari alla metà delle spese sostenute negli ultimi anni a titolo di spese straordinarie per il figlio: a giudizio del Tribunale non rientravano nelle spese ordinarie, coperte dal mantenimento, le spese per i libri ed il corredo scolastico, i viaggi di istruzione, le tasse universitarie e le spese connesse, come i canoni di locazione per vivere nella sede universitaria e le spese di trasporto, che dovevano essere sostenute da entrambi i genitori ancorchè non preventivamente concordate in quanto non preventivabili e quantificabili a monte.
Il marito proponeva appello che veniva accolto. La Corte d’Appello evidenziava che le spese straordinarie dovevano intendersi come quelle che per la loro rilevanza, imprevedibilità ed imponderabilità esulano dall’ordinario regime di vita dei figli, dovendosi a tal proposito fare una distinzione tra gli esborsi che sono destinati ai bisogni ordinari del figlio e che sortiscono l’effetto di integrare l’assegno di mantenimento certi del loro costante e prevedibile ripetersi, e invece le spese che imprevedibili e rilevanti nel loro ammontare, vanno al di fuori dell’ordinario e che richiedono, per la loro azionabilità, l’esercizio di una autonoma azione di accertamento. Su tali premesse la Corte ha ritenuto che non rientrassero nel concetto di spese straordinarie quelle scolastiche e quelle relative alla frequenza di una università privata in sede diversa e lontana dal luogo di residenza, comprese le spese di iscrizione, alloggio e viaggio, in quanto la frequenza universitaria e le conseguenti spese erano ritenute prevedibili. La professionalità dei genitori, il loro titolo di studio e l’elevato livello socio-culturale della famiglia di origine del figlio erano tali da far presumere che quest’ultimo avrebbe proseguito gli studi e frequentato l’Università, anche privata. Il giudizio di prevedibilità, a parere della Corte, non può prescindere da una valutazione in concreto che tenga in considerazione anche le condizioni socio-culturali ed economiche dei genitori e della famiglia di origine del figlio.
Per le stesse ragioni non sono state considerate straordinarie le spese per l’attività sportiva e per il corso di musica del figlio, essendo tali attività prevedibili per un giovane ragazzo e di importo non rilevante in considerazione delle condizioni economiche dei genitori.
Avverso la sentenza della Corte di Appello la moglie proponeva ricorso per Cassazione, per avere il giudicante di seconde cure erroneamente escluso che le spese oggetto della richiesta di rimborso potessero essere considerate straordinarie per essere prevedibili per il figlio dei due coniugi professionisti, mentre invece così non era.
La ricorrente specificava che trattavasi di spese: per trasporti extraurbani, in quanto il figlio frequentava un liceo a trenta chilometri di distanza, per viaggi di istruzione anche all’estero con pernottamento per il conseguimento della patente europea del computer, per corsi di lingua inglese necessari per il suo futuro scolastico, per lo sport e la musica, per spese mediche straordinarie e, soprattutto, per l’iscrizione alla frequenza dell’Università Bocconi con i relativi costi collegati alle necessità abitative. Secondo la madre tali spese erano sopravvenute parecchi anni dopo rispetto all’insorgere della crisi famigliare, intervenuta quando il figlio aveva solo quattro anni, ed evidentemente non potevano essere prevedibili poiché strettamente dipendenti dagli interessi del bambino, dalle sue attitudini e capacità; erano, pertanto, esborsi relativi ad attività e necessità possibili o al più astrattamente ipotizzabili, sui quali i genitori non potevano prevedere una certezza né ponderarne i costi senza dubbio rivelatisi rilevanti.
La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso della moglie assolutamente fondato.
In materia di spese straordinarie la Cassazione chiarisce che occorre fare una distinzione: spese destinate ai bisogni famigliari del figlio e che, certi nel loro costante e prevedibile ripetersi, anche se di ammontare incerto, integrano l’assegno di mantenimento e possono essere azionati in forza di titolo originario di condanna adottato in materia di esercizio della responsabilità nei giudizi separativi ex art. 337 bis c.c., e spese che, imprevedibili e rilevanti nel loro ammontare, recidono ogni legame con i caratteri della ordinarietà dell’assegno di mantenimento, richiedendo per la loro azionabilità, l’esercizio di una autonoma azione di accertamento, in cui convergono il rispetto del principio della adeguatezza alle esigenze del figlio e quello della proporzione del contributo alle condizioni economico-patrimoniali del genitore onerato (Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 379 del 13 gennaio 2021)
La Suprema Corte, in tale ottica, ha ritenuto che le spese scolastiche e mediche straordinarie, che in sede giudiziale siano state poste pro quota a carico di entrambi i coniugi, pur non essendo ricomprese nell’assegno periodico forfettariamente determinato, ne condividono la natura qualora si presentino certe nel loro ordinario e prevedibile ripetersi, così integrando quali componenti variabili, l’assegno complessivamente dovuto; così che il genitore che abbia anticipato tali spese può agire in via esecutiva per ottenere il rimborso della quota gravante sull’altro, senza doversi munire di titolo ulteriore richiesto solo con riguardo a quelle spese straordinarie che per rilevanza, imprevedibilità ed imponderabilità esulano dall’ordinario regime di vita della prole.
La Cassazione ha poi ritenuto che la spesa per la frequentazione degli istituti universitari lontano dal luogo di residenza, nella parte riferibile all’alloggio, rientra tra le vere e proprie spese straordinarie in ragione della sua usuale rilevanza oltre che dell’imprevedibilità della sede presso cui lo studente deciderà di svolgere i propri studi.
Nella caso di specie è pacifico che in sede di divorzio, quando il figlio aveva undici anni, era stato previsto un contributo mensile al mantenimento a carico del padre senza ulteriori previsioni e senza alcun riferimento alla disciplina delle spese straordinarie.
La materia del contendere si incentra sulla riconducibilità delle spese di cui la ricorrente ha chiesto il rimborso tra quelle straordinarie, oppure se le stesse debbano ritenersi comprese nell’assegno di mantenimento forfettariamente determinato in sede di divorzio.
L’art. 337 ter c.c., applicabile anche ai figli maggiorenni non ancora indipendenti economicamente, stabilisce che salvo accordi diversi liberamente sottoscritti tra le parti, ciascuno dei genitori provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito; il giudice stabilisce, ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico al fine di realizzare il principio di proporzionalità tenendo in considerazione le esigenze attuali del figlio, il tenore di vita goduto dal figlio in costanza di convivenza con entrambi i genitori, i tempi di permanenza presso ciascun genitore, le risorse economiche di entrambi i genitori, la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore. Pertanto, emerge che l’obbligo di mantenimento dei figli ha due dimensioni: da una parte vi è il rapporto tra genitori e figlio e dall’altra vi è il rapporto tra genitori obbligati. Il principio di uguaglianza impone di tenere a mente che tutti i figli hanno uguale diritto di essere mantenuti, istruiti, educati ed assistiti moralmente nel rispetto delle loro capacità, delle inclinazioni naturali e delle loro aspirazioni (art. 315 bis, comma 1, c.c.).
I diritti dei figli dei genitori che non vivono insieme non possono, infatti, essere diversi da quelli dei figli di genitori che stanno ancora insieme, né i genitori possono imporre privazioni ai figli per il solo fatto che hanno deciso di allontanarsi.
Nei rapporti interni tra i genitori vige, poi, il principio di proporzionalità rispetto al reddito di ciascuno.
Il generale, l’art. 316 bis, comma 1, c.c. prevede che i genitori, anche quelli non sposati, devono adempiere ai loro obblighi nei confronti dei figli in proporzione alle rispettive sostanze e secondo la loro capacità di lavoro professionale o casalingo.
Lo stesso criterio di proporzionalità deve essere seguito dal giudice quando, finita la comunione vi vita tra i genitori, è chiamato a determinare la misura al contributo al mantenimento da porre a carico di ciascuno di essi, dovendo considerare le risorse economiche di ciascuno, valutando anche i tempi di permanenza del figlio presso l’uno o l’altro e la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascuno, quali modalità di adempimento in via diretta dell’obbligo al mantenimento che incidono sull’entità di contributo in termini monetari.
Dal quadro normativo emerge che il legislatore non opera alcuna distinzione tra spese ordinarie e spese straordinarie e la previsione di un assegno periodico è stabilita come possibile “ove necessario ai fine di realizzare il principio di proporzionalità”.
La determinazione del contributo, d’altronde, viene effettuata sulla base delle spese che prevedibilmente si compiono per il figlio al momento in cui tale contributo è determinato, le quali, poi, vengono ripartite tra i genitori in proporzione delle rispettive consistenze e dei diversi apporti di ciascuno.
Tutto ciò che è previsto o comunque prevedibile e ponderabile deve pertanto ritenersi compreso nell’assegno di mantenimento del figlio; tutto ciò che non è previsto né prevedibile e ponderabile al momento della determinazione dell’assegno non è compreso nell’assegno e, se di rilevante entità, deve essere considerato come un esborso straordinario. Prevedibilità e ponderabilità della spesa va dunque riferita al tempo della determinazione del contributo e senza dubbio non può riguardare spese neppure ipotizzabili al tempo della determinazione dell’assegno perché suscettibili di possibile verificazione molti anni dopo e prive del requisito dell’attualità.
La Corte con la sentenza qui commentata ha accolto il ricorso della moglie cassando la decisione impugnata con rinvio della causa alla Corte d’Appello.