LA PARCELLA ESECUTIVA DELL’AVVOCATO

L’art. 7 della legge n. 49 del 21 aprile 2023, recante le “disposizioni in materia di equo compenso delle prestazioni professionali”, prevede una procedura semplificata per azionare il recupero del credito professionale.

Detto art.7, rubricato “parere di congruità con efficacia di titolo esecutivo”, prevede espressamente che,in alternativa alla procedura di ingiunzione di pagamento e a quelle previste dall’art.14 d.lgs. n.150 del 2011, il parere di congruità emesso dall’Ordine o dal Collegio professionale  sul compenso o sugli onorari richiesti dal professionista, costituisce titolo esecutivo, anche per tutte le spese sostenute e documentate, se rilasciato nel rispetto della procedura di cui alla legge n. 241 del 1990, e se il debitore non propone innanzi all’autorità giudiziaria  opposizione ai sensi dell’art. 281  undecies c.p.c., entro quaranta giorni dalla notificazione del parere stesso a cura del professionista.

Trattasi, pertanto, di un nuovo titolo esecutivo stragiudiziale di natura amministrativa (sulla scorta del disposto di cui all’art. 474, comma 2 n.1 c.p.c.) per favorire il recupero del credito del professionista attraverso una procedura veloce e semplificata.

Una volta decorsi i 40 giorni senza che la controparte debitrice abbia proposto opposizioneal Giudice competente (che è quello del luogo nel cui circondario ha sede l’Ordine che ha reso il parere di congruità), il titolo esecutivo può ritenersi validamente formato senza necessità di ulteriori adempimenti, e il creditore può procedere alle successive azioni esecutive, anche se il cliente è la Pubblica Amministrazione (parere Consiglio nazionale Forense del 31 maggio 2023 n. 18).

Ci si è chiesti se questo nuovo strumento processuale potesse essere utilizzato solo per il recupero dei compensi professionali connessi all’equo compenso oppure più in generale per il recupero di qualsivoglia compenso, anche al di fuori dell’ambito di operatività dell’equo compenso stesso; a tal proposito, il Consiglio nazionale forense, con parere n. 24 del 23 giugno 2023, ha affermato che  la disposizione dell’art. 2, comma 3, della legge n. 49/2023, nel fissare l’ambito di applicazione dell’intera legge e dunque anche dell’art.7, indica non tutti i contratti d’opera professionale, ma solo quelli stipulati con i “clienti forti”: banche, assicurazioni, loro controllate e mandatarie, più le imprese che nell’anno precedente al conferimento dell’incarico hanno occupato alle proprie dipendenze più di cinquanta lavoratori o mostrato ricavi annui superiori a 10 milioni di euro (senza dimenticare gli enti pubblici).

Infatti, il citato art. 2 prevede che “la presente legge si applica ai rapporti professionali aventi ad oggetto la prestazione d’opera intellettuale di cui all’art.2230 cod.civ. regolati da convenzioni aventi ad oggetto lo svolgimento, anche in forma associata o societaria, delle attività professionali svolte in favore di imprese bancarie e assicurative nonché delle loro società controllate…. fermo restando quanto previsto al secondo periodo del comma 3”. 

Non manca, però, chi ritiene che l’art. 7 sia in realtà utilizzabile in via generale dall’avvocato per il recupero del suo compenso; e ciò in quanto, a differenza della disciplina della prescrizione del diritto del professionista al pagamento del compenso (art. 5, comma 2 legge n. 49/2023, in cui si fa espresso richiamo ai clienti forti), nell’art.7 ridetto non vi è alcun riferimento alle imprese di cui all’art. 2 della legge n. 49/2023.

Occorre evidenziare che stante la natura amministrativa del parere di congruità, la procedura per la sua adozione è soggetta alle norme che governano l’azione amministrativa (legge n. 241/1990), con conseguente motivazione del provvedimento, ed indicazione del termine ed autorità giudiziaria avanti alla quale potrà essere opposto, nonché comunicazione dell’avvio del procedimento amministrativo ai soggetti nei cui confronti il provvedimento produrrà effetti. L’obbligo motivazionale è peraltro coessenziale alla funzione di garanzia ascritta al rispetto delle norme in materia di procedimento amministrativo.

Va infine sottolineato che la disposizione di cui all’art.7 legge n. 49/023 potrà applicarsi soltanto alle prestazioni rese sulla base di convenzioni stipulate dopo l’entrata in vigore della legge, con la precisazione, però, che “se per pattuizione preventiva si intende il perfezionamento di un accordo sul compenso – osserva il Consiglio Nazionale Forense – è giocoforza ritenere che il riferimento, di cui all’articolo 2, agli accordi preparatori anticipi l’applicabilità della legge anche alla fase preparatoria e, dunque, antecedente alla pattuizione”.