L’OMESSA INDICAZIONE DEL REGIME FINANZIARIO DEL CONTRATTO DI MUTUO
Il Tribunale di Salerno, con ordinanza del 19 luglio 2023, ha disposto il rinvio pregiudiziale degli atti ai sensi dell’art. 363-bis c.p.c. alla Corte di Cassazione in ordine alle conseguenze giuridiche derivanti dalla omessa indicazione, all’interno di un contratto di mutuo bancario, del regime di capitalizzazione “composto” degli interessi debitori, pure a fronte della previsione per iscritto del tasso annuo nominale nonché della modalità di ammortamento c.d. “alla francese”.
È richiesto alla Corte di valutare se, in difetto di tale espressa indicazione, l’oggetto del contratto possa dirsi indeterminato e/o indeterminabile, con conseguente nullità ai sensi degli articoli 1346 e 1418, 2° comma, c.c., nonché, stante la specialità della materia bancaria, violazione delle norme in materia di trasparenza, in particolare quella di cui all’articolo 117, 4°comma, t.u.b., con conseguente applicazione del tasso sostitutivo BOT ai sensi del settimo comma della medesima disposizione
La Prima Presidente della Corte, considerato che «la questione è suscettibile di porsi in numerosi giudizi”, non essendo né sporadica né episodica e neppure originata dalla peculiarità della fattispecie concreta, ma “presenta uno spiccato carattere di serialità”, ha assegnato la questione alle Sezioni Unite Civili, per l’enunciazione del principio di diritto.
La Corte in composizione allargata si troverà a dover valutare tra un primo orientamento giurisprudenziale, secondo cui dall’omessa indicazione del regime finanziario deriverebbe soltanto una violazione della disciplina di trasparenza bancaria. Questo orientamento si fonda sulla conoscibilità, da parte del cliente, del piano di ammortamento allegato al contratto di mutuo, dal quale può desumersi la modalità di ammortamento e, dunque, la composizione delle singole rate (ex multis Tribunale Firenze, 16 marzo 2023 in altalex.com).
Secondo altro orientamento, invece, l’omessa indicazione in contratto del regime finanziario non consentirebbe di individuare una metodologia di calcolo degli interessi, potendo tale calcolo effettuarsi sia in regime di capitalizzazione semplice oppure composta, con conseguente determinazione di una quota interessi diversa a carico del mutuatario a seconda del regime finanziario utilizzato. Ciò comporterebbe la nullità del tasso di interesse per indeterminatezza e/o indeterminabilità ex art. 1346 c.c. e/o per difetto di espressa e corretta pattuizione scritta, ai sensi delle disposizioni del testo unico bancario sopra richiamate (v. Tribunale Napoli, 16 giugno 2020 n. 4102; Appello Bari, 3 novembre 2020 n. 1890 tutte in expartedebitoris).
Una chiave di lettura utile per cercare di prevedere, nel limite del possibile, quello che potrebbe essere l’orientamento che vorrà seguire la Corte, si segnala in un arresto, sempre a Sezioni Unite (Cass. 12 maggio 2020, n. 8770), in cui il giudice di legittimità aveva già affermato che, ai fini di una precisa “misurabilità/determinazione dell’oggetto contrattuale”, occorre tener conto anche dei “c.d. costi occulti”, vale a dire, in difetto di pattuizione scritta del regime finanziario adottato per il calcolo degli interessi, il “differenziale di costo” generato dall’impego della capitalizzazione composta in luogo di quella semplice.
Tuttavia, per scoprire quello che sarà l’orientamento che dovrà valere in via nomofilattica, non resta che attendere.