VALIDITÀ DELLA NOTIFICAZIONE A MEZZO PEC AL PROFESSIONISTA ANCHE SE ESTRANEA ALL’ATTIVITÀ PROFESSIONALE

Tra le diverse novità introdotte dalla riforma Cartabia in materia di notificazioni, hanno assunto particolare rilievo le norme che promuovono lo sviluppo digitale dell’attività dei professionisti: ne è un esempio l’obbligo di notifica tramite p.e.c. al destinatario previsto dall’art. 137 c.p.c., che – se effettivamente munito di domicilio digitale – può, per così dire, semplificare la vita all’avvocato.

Ma la notificazione all’indirizzo p.e.c. di un soggetto professionista, specie se il contenuto della notificazione stessa esula dall’attività professionale svolta da quest’ultimo, è un tema delicato, ed è interessante soffermarsi sul modo in cui il d.lgs. 149/2022 ha modificato la legge sulle notificazioni ai professionisti nel quadro giurisprudenziale e normativo esistente.

Prima dell’introduzione delle novità della riforma, la legge 53/1994 non poneva alcun limite alla possibilità di notificazione, tramite posta elettronica certificata, di atti il cui contenuto fosse non attinente all’attività professionale svolta dal destinatario. Semplicemente, una volta individuato ed estratto l’indirizzo p.e.c. del professionista dai pubblici elenchi INIPEC o Reginde, non vi era alcun problema di validità della notificazione a prescindere dal contenuto della stessa.

Ancor prima dell’entrata in vigore della riforma Cartabia si era però espresso sul tema il Garante della protezione dei dati personali, il quale, con parere del 27 ottobre 2021, aveva evidenziato come i verbali di accertamento della violazione del codice della strada non avrebbero dovuto essere notificati presso l’indirizzo p.e.c. del professionista assegnato dal Consiglio dell’ordine professionale di appartenenza poiché, ben potendo la casella di posta elettronica certificata essere utilizzata anche da soggetti terzi, come eventuali collaboratori del professionista, si sarebbe incorsi in una violazione della riservatezza dello stesso.

Sul punto la giurisprudenza non è unanime: secondo un orientamento (Corte Appello Torino, 27 gennaio 2016, n. 128), sarebbe valida la notifica via p.e.c. anche se estranea all’ambito imprenditoriale (nel caso di specie, oggetto della notifica erano le comunicazioni prescritte dalla legge fallimentare ad una società irreperibile, la quale, avendo avuto effettiva conoscenza della sentenza di fallimento proprio grazie alla notificazione a mezzo p.e.c., aveva proposto reclamo). Secondo altro orientamento (Trib. Roma, 26 gennaio 2019), deve essere ritenuta nulla la notificazione effettuata a soggetti privati che, al di fuori dell’esercizio di un’impresa o di una professione, non abbiano preventivamente rilasciato il proprio espresso consenso alla ricezione di notifiche a mezzo p.e.c..

Il nuovo articolo 3 ter della legge n. 53/1994, introdotto dal decreto legislativo n. 149/2022, prevede che l’avvocato esegua la notificazione degli atti giudiziali in materia civile e degli atti stragiudiziali a mezzo posta elettronica certificata (o servizio elettronico di recapito certificato qualificato) quando il destinatario sia un soggetto per il quale la legge prevede l’obbligo di munirsi di un domicilio digitale risultante dai pubblici elenchi, o abbia eletto domicilio digitale presso l’INAD, ovvero l’indice nazionale dei domicili digitali. Dal testo della norma, nonché dalle linee guida emanate dall’Agenzia per l’Italia Digitale lo scorso 7 luglio 2022, pare di comprendere che, per quanto riguarda le notificazioni successive al 28 febbraio 2023, non vi sia alcuna limitazione all’invio di atti anche estranei all’attività professionale svolta dal destinatario. In effetti, considerato che i professionisti già presenti su INIPEC e Reginde dovranno essere obbligatoriamente presenti su INAD con lo stesso indirizzo p.e.c., non si vede alcun motivo per il quale dovrebbero sussistere limitazioni in tal senso: l’unico limite, strutturale ancor prima che giuridico, è che INAD, ad oggi, non è ancora attivo.