LIQUIDAZIONE CONTROLLATA: COME UNA LIQUIDAZIONE GIUDIZIALE … IN PICCOLO? NON PROPRIO

Il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza, nel prevedere una compiuta disciplina delle crisi da sovraindebitamento, introduce una procedura liquidatoria del sovraindebitato, ovvero la liquidazione controllata, che – in estrema sintesi – migliora e completa quella prevista dall’abrogata l. 3/2012, eliminandone la principale causa dell’insuccesso della vecchia procedura, data dalla fase di omologa, ora non più prevista.

La liquidazione controllata può essere catalogata come una sorta di liquidazione giudiziale (il vecchio fallimento) minore, che si applica a tutti i soggetti che non si trovano in possesso dei requisiti dimensionali di cui all’art. 2, 1° comma – lett. c, C.C.I.I., ovvero al consumatore, al professionista, appunto all’imprenditore “minore” e a quello agricolo, alla start up innovativa ossia, più in generale, al debitore non assoggettabile alla liquidazione giudiziale ovvero a liquidazione coatta amministrativa o ad altre procedure liquidatorie previste dal codice civile o da leggi speciali per il caso di crisi o insolvenza.

 L’apertura della procedura della liquidazione controllata viene dichiarata con sentenza, in esito a procedimento che segue le regole comuni dettate dal c.c.i.i., e con essa viene nominato il Giudice Delegato ed un Liquidatore e, tra l’altro, assegnato ai creditori il termine di sessanta giorni per l’invio al Liquidatore delle domande di ammissione allo stato passivo, che alla scadenza di detto termine deve essere conseguentemente formato dal Liquidatore; sino a questa fase, la verifica del passivo del sovraindebitato presenta sostanziale uniformità con quella prevista per l’imprenditore maggiore dichiarato insolvente e sottoposto a liquidazione giudiziale.

 Predisposto il progetto di stato passivo, il Liquidatore lo comunica ai creditori che, nei quindici giorni successivi possono proporre le loro osservazioni, in assenza delle quali il Liquidatore forma lo stato passivo, lo deposita in cancelleria e ne dispone l’inserimento nel sito web del tribunale o del Ministero della Giustizia; è a questo punto che si crea la discontinuità rispetto alla disciplina delle operazioni di verifica della liquidazione giudiziale, che si concludono sempre e soltanto con un provvedimento del Giudice Delegato.        

Infatti, quando invece sono formulate osservazioni che il Liquidatore ritiene fondate, predispone, entro gli ulteriori successivi quindici giorni, un nuovo progetto di stato passivo che tiene conto delle osservazioni stesse e, solo qualora il Liquidatore mantenga avviso contrario alle osservazioni ricevute, ritenendo quindi di non poterle accogliere, rimette gli atti al Giudice Delegato, il quale per la prima volta interviene nel subprocedimento di verifica e provvede alla definitiva formazione del passivo.

Al fine di assicurare il c.d. minimo costituzionale di garanzia della giurisdizione, è altresì previsto che avverso il provvedimento del Giudice Delegato può essere proposto reclamo.

Si segnala che in una fattispecie del genere, lo Studio Lenzi è stato incaricato di insinuare allo stato passivo di una procedura di liquidazione controllata di un professionista, un credito portato da decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo, che il debitore non aveva opposto e che era quindi divenuto definitivo; il creditore aveva tempestivamente formulato al Giudice dell’ingiunzione istanza di declaratoria di definitiva esecutorietà, a sensi dell’art. 647 c.p.c., ed il Giudice aveva provveduto conformemente; l’ultimo di tali passaggi, peraltro, era intervenuto dopo la presentazione della domanda del debitore di apertura della liquidazione controllata, la cui sentenza era però stata notificata al creditore stesso successivamente all’emissione del decreto a sensi dell’art. 647 c.p.c.; in forza del decreto ingiuntivo era altresì stata iscritta ipoteca giudiziale, sempre prima della notificazione della sentenza di apertura della liquidazione controllata.

 Il creditore aveva proposto domanda di insinuazione facendo valere il privilegio ipotecario così acquisito, ma il Liquidatore aveva proposto l’ammissione del credito in chirografo e quindi con esclusione sia del chiesto privilegio ipotecario, sia delle spese legali del procedimento monitorio, e questo per applicazione in via analogica di quanto previsto in tema di liquidazione giudiziale dall’art. 166, 1° comma – lettera d) c.c.i.i., che prevede la revoca delle “ipoteche giudiziali o volontarie costituite dopo il deposito della domanda cui è seguita l’apertura della liquidazione giudiziale o nei sei mesi anteriori per debiti scaduti”.

 Il creditore svolgeva osservazioni critiche a tale esclusione, considerando che la procedura di liquidazione controllata è sprovvista di un meccanismo pubblicitario generalizzato dell’apertura del concorso erga omnes per cui, a differenza di quanto è previsto dall’art. 49, 4° comma C.C.I.I. per la liquidazione giudiziale, disciplinante gli effetti della sentenza nei confronti dei terzi e quindi, anche dei creditori, che “si producono dalla data di iscrizione della sentenza nel registro delle imprese”, nella liquidazione controllata, per gli effetti della sentenza di apertura riguardo ai creditori deve necessariamente ritenersi che gli stessi inizino a decorrere dalla data di notificazione della stessa.

Ad ulteriore differenza della procedura di liquidazione giudiziale, quella di liquidazione controllata, come sopra accennato, presenta un procedimento di formazione dello stato passivo normalmente degiurisdizionalizzato, con ciò mostrando semmai strette affinità con la “vecchia” procedura del sovraindebitato, piuttosto che con la liquidazione giudiziale; concludeva il creditore che l’apertura della procedura di liquidazione controllata non producesse specifici effetti nei confronti degli atti pregiudizievoli ai creditori compiuti dal debitore né prima della apertura della procedura, che si ripete avviene con la pronuncia della relativa sentenza, né prima della notifica della stessa ai creditori, anche perché la disciplina delle azioni revocatorie c.d. fallimentari prevista per la liquidazione giudiziale, appunto, dall’art. 166 c.c.i.i., non è richiamata quanto alla regolazione della crisi da sovraindebitamento e non può quindi, applicarsi in via analogica.

Ritenute le contestazioni di cui sopra non superabili da parte del Liquidatore, la questione è stata rimessa, a sensi dell’art. 273, 5° comma c.c.i.i., al Giudice Delegato che ha ritenuto fondate le considerazioni svolte dal creditore, come sopra riassunte, definitivamente ammettendo interamente il credito insinuato dal creditore assistito dallo Studio Lenzi col chiesto privilegio ipotecario.