AL GIUDICE DELL’ESECUZIONE IL CONTROLLO DELLE CLAUSOLE ABUSIVE

La sentenza n. 9479/2023 è certamente un’importante decisione delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione in materia di tutela del consumatore e superamento del giudicato formatosi a seguito di mancata opposizione al decreto ingiuntivo.

Il caso all’esame della Corte in composizione allargata riguardava una consumatrice resasi garante personale a favore di una banca; a seguito dell’escussione della fideiussione, la banca otteneva un decreto ingiuntivo contro la garante, la quale non proponeva opposizione; con il titolo divenuto definitivamente esecutivo la banca avviava la procedura esecutiva immobiliare ai danni della consumatrice.

Espletata l’intera procedura, il giudice dichiarava esecutivo il progetto di distribuzione e la consumatrice proponeva opposizione ex art. 617 c.p.c. avverso l’ordinanza di approvazione e chiusura dell’esecuzione, lamentando la nullità del decreto ingiuntivo in quanto emesso da un giudice territorialmente incompetente, sulla base di una clausola del contratto di fideiussione illegittimamente derogativa del Foro del consumatore e, quindi, abusiva.

L’opposizione era respinta e l’esecutata ricorreva per cassazione, deducendo la violazione e/o errata interpretazione della direttiva 93/13 e dell’art. 19 del TUE, con riferimento al principio di effettività della tutela del consumatore.

Dopo aver ripercorso la giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea e, in particolare, le quattro sentenze del 17 maggio 2022 (C-600/19 Ibercaja Banco; C-693/19 SPV Project 1503 riunita a C-831/19 Banco di Desio e della Brianza; C-725/19 Impuls Leasing România; C-869/19 Unicaja Banco), tutte relative ad analoghe vicende inerenti le sorti del giudicato nazionale dinanzi alla normativa europea qualificata inderogabile dalla stessa CGUE, le Sezioni Unite fanno luce su come essere espletato il controllo del Giudice nazionale sull’abusività delle clausole in ipotesi di contratto stipulato tra professionista e consumatore.

Venendo ai principi espressi, secondo le Sezioni Unite in commento, il controllo deve avvenire in più fasi.

Nella prima fase, il giudice del monitorio deve:

a) svolgere, d’ufficio, il controllo sull’eventuale carattere abusivo delle clausole del contratto stipulato tra professionista e consumatore in relazione all’oggetto della controversia;

b) a tal fine procede in base agli elementi di fatto e di diritto in suo possesso, integrabili, ai sensi dell’art. 640 c.p.c., con il potere istruttorio d’ufficio, da esercitarsi in armonia con la struttura e funzione del procedimento d’ingiunzione:

b.1.) potrà, quindi, chiedere al ricorrente di produrre il contratto e di fornire gli eventuali chiarimenti necessari anche in ordine alla qualifica di consumatore del debitore;

b.2) ove l’accertamento si presenti complesso, non potendo egli far ricorso ad un’istruttoria eccedente la funzione e la finalità del procedimento (ad es. disporre c.t.u.), dovrà rigettare l’istanza d’ingiunzione;

c) all’esito del controllo:

c.1) se rileva l’abusività della clausola, ne trarrà le conseguenze in ordine al rigetto o all’accoglimento parziale del ricorso;

c.2) se, invece, il controllo sull’abusività delle clausole incidenti sul credito azionato in via monitoria desse esito negativo, pronuncerà decreto motivato, ai sensi dell’art. 641 c.p.c., anche in relazione alla anzidetta effettuata delibazione;

c.3) il decreto ingiuntivo conterrà l’avvertimento indicato dall’art. 641 c.p.c., nonché l’espresso avvertimento che in mancanza di opposizione il debitore consumatore non potrà più far valere l’eventuale carattere abusivo delle clausole del contratto e il decreto non opposto diventerà irrevocabile.

Il giudice dell’esecuzione, nella seconda fase, dovrà:

a) in assenza di motivazione del decreto ingiuntivo in riferimento al profilo dell’abusività delle clausole, esercitarsi sino al momento della vendita o dell’assegnazione del bene o del credito di controllare la presenza di eventuali clausole abusive che abbiano effetti sull’esistenza e/o sull’entità del credito oggetto del decreto ingiuntivo;

b) ove tale controllo non sia possibile in base agli elementi di diritto e fatto già in atti, dovrà provvedere, nelle forme proprie del processo esecutivo, ad una sommaria istruttoria funzionale a tal fine;

c) dell’esito di tale controllo sull’eventuale carattere abusivo delle clausole sia positivo, che negativo informerà le parti e avviserà il debitore esecutato che entro 40 giorni può proporre opposizione a decreto ingiuntivo ai sensi dell’art. 650 c.p.c. per fare accertare (solo ed esclusivamente) l’eventuale abusività delle clausole, con effetti sull’emesso decreto ingiuntivo;

d) fino alle determinazioni del giudice dell’opposizione a decreto ingiuntivo ai sensi dell’art. 649 c.p.c., non procederà alla vendita o all’assegnazione del bene o del credito;

e) se il debitore ha proposto opposizione all’esecuzione ex art. 615, primo comma, c.p.c., al fine di far valere l’abusività delle clausole del contratto fonte del credito ingiunto, il giudice adito la riqualificherà in termini di opposizione tardiva ex art. 650 c.p.c. e rimetterà la decisione al giudice di questa (translatio iudicii);

f) se il debitore ha proposto un’opposizione esecutiva per far valere l’abusività di una clausola, il giudice darà termine di 40 giorni per proporre l’opposizione tardiva se del caso rilevando l’abusività di altra clausola e non procederà alla vendita o all’assegnazione del bene o del credito sino alle determinazioni del giudice dell’opposizione tardiva sull’istanza ex art. 649 c.p.c. del debitore consumatore.

Il giudice dell’opposizione tardiva ex art. 650 c.p.c., invece,una volta investito dell’opposizione (solo ed esclusivamente sul profilo di abusività delle clausole contrattuali), avrà il potere di sospendere, ex art. 649 c.p.c., l’esecutorietà del decreto ingiuntivo, in tutto o in parte, a seconda degli effetti che l’accertamento sull’abusività delle clausole potrebbe comportare sul titolo giudiziale e procederà, quindi, secondo le forme di rito. In caso di sospensione dell’esecutorietà, il Giudice dell’esecuzione, in assenza di altri titoli propulsivi, non potrà far altro che adottare il provvedimento di cui all’art. 623 c.p.c.

Si tratta, come può rilevarsi in modo piuttosto intuitivo, di una sentenza storica delle Sezioni Unite, in quanto potenzialmente idonea ad incidere sul principio del giudicato formatosi a seguito di decreto ingiuntivo non opposto, consentendo un doppio esame (letteralmente un bis in idem) sia pure limitatamente alle fattispecie espressamente considerate.

Ma la principale novità è certamente costituita dall’attribuzione di notevoli poteri officiosi al Giudice dell’esecuzione, il quale, fino ad ora, non poteva essere investito del potere di sindacare il titolo di formazione giudiziale se non per circostanze formali ovvero fatti posteriori estintivi o modificativi.

Seppur il potere di decidere sia sempre e comunque affidato al Giudice dell’opposizione tardiva, al Giudice dell’esecuzione viene di fatto demandato il compito di effettuare un primo controllo sulla verosimile natura abusiva della clausola incriminata del contratto posto alla base del titolo ottenuto, circostanza fino ad oggi espressamente inibitagli in quanto mai sindacabile, da parte di quest’ultimo, il titolo di formazione giudiziale, ancorché non definitivo, per ragioni di contenuto o per eccezioni che dovevano essere fatte valere nel corso del processo in cui il provvedimento è stato emesso.