CASSAZIONE: RIPETIBILITA’ DELL’ASSEGNO DI SEPARAZIONE E DIVORZIO

Con la sentenza n. 32914 pubblicata l’8 novembre 2022, le Sezioni Unite della Cassazione sanciscono il principio secondo il quale l’assegno di separazione e/o divorzio versato all’ex coniuge può essere ripetibile qualora non vi siano “ab initio” i presupposti per ottenere il diritto al mantenimento, quali lo stato di bisogno.

La vicenda comincia quanto marito e moglie si separano consensualmente nel 2006, senza previsione di alcun contributo a carico del primo al mantenimento della seconda, ai sensi dell’art. 156 c.c..

Successivamente la moglie incardina un procedimento ex art. 710 c.p.c. in seno al quale il Presidente del Tribunale, in sede di provvedimenti urgenti, determina nel febbraio 2010 il contributo di mantenimento in suo favore ed a carico del marito, con decorrenza dall’ottobre 2009, in € 500,00 mensili, ridotti poi dal Giudice istruttore ad € 400,00 mensili a far data dal dicembre 2010.

La Corte d’Appello di Roma, con sentenza n. 668/2018, pubblicata in data 2 febbraio 2018, nei giudizi riuniti promossi dalla moglie di modifica ex art. 710 c.p.c. delle condizioni di separazione tra i coniugi e di divorzio ex art. 5 L. n. 898/1970, in relazione alle condizioni economiche, a seguito di pronuncia non definitiva di declaratoria della cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto, riforma parzialmente la decisione di primo grado, che aveva respinto tutte le domande avanzate dalla moglie di riconoscimento di un assegno di mantenimento quale coniuge separato e di un assegno divorzile, sostenendo che, in relazione alla richiesta di modifica delle condizioni di separazione nessuna sopravvenienza di giustificati motivi era sopravvenuta; che la moglie disponeva di mezzi sufficienti ad assicurarle l’indipendenza e l’autosufficienza economica, tenuto conto della inalterata capacità lavorativa e reddituale, accogliendo invece la Corte territoriale l’appello incidentale del marito volto a conseguire la restituzione delle somme versate dalla moglie in esecuzione dei provvedimenti provvisori adottati in sede di procedimento ex art. 710 c.p.c., rilevando che “sin dalla richiesta di modifica delle condizioni di separazione non sussistessero i presupposti” per il riconoscimento di un contributo al mantenimento della moglie con necessità di revoca dei provvedimenti provvisori adottati in primo grado nel giudizio promosso ex art. 710 c.p.c., condannando la moglie alla restituzione delle somme indebitamente percepite a decorrere dall’ottobre 2009.

Avverso la suddetta pronuncia, la moglie propone ricorso per Cassazione, in esito al quale la prima Sezione Civile, con ordinanza interlocutoria n. 36509/2021 rimette la questione al Primo Presidente, il quale ha disposto poi l’assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite ai sensi dell’art. 374, secondo comma c.p.c..

La causa sottoposta alle Sezioni Unite attiene, in relazione alla condanna della ricorrente disposta dalla Corte d’Appello, alla restituzione delle somme percepite dal coniuge separato e poi divorziato, dall’ottobre 2009, a titolo di assegno di mantenimento ed alla asserita irripetibilità, in tutto o in parte, delle somme versate a titolo di mantenimento, stante la natura sostanzialmente alimentare dell’obbligazione.

Secondo alcune pronunce che si sono sostanzialmente occupate del rapporto tra provvedimenti provvisori presidenziali e sentenza, la sentenza che rivede in diminuzione o che esclude l’assegno corrisposto in base al provvedimento presidenziale o a quello, successivo, del Giudice istruttore, non può disporre per il passato, potendo disporre solo per l’avvenire (cfr. Cass. n. 2428/1962; Cass. n. 2791/1976; Cass. n. 1607/1977; Cass. n. 2411/1980; Cass. n. 5384/1990; Cass. n. 9728/1991; Cass. n. 3415/1994; Cass. n. 8977/1997; Cass. n. 11029/1999). Corollario della non retroattività della riduzione o dell’esclusione dell’assegno di mantenimento è la non ripetibilità delle maggiori somme corrisposte dal coniuge abbiente sulla base di un titolo giudiziale valido ed efficace ratione temporis, somme che si presumono consumate per il sostentamento del coniuge debole (in linea con tale orientamento si possono indicare anche altre pronunce più recenti: Cass., sez. I, n. 11863/2004; Cass. sez. I, n. 13593/2006; Cass. sez. I, n 15186/2015; Cass. n. 18538/2013).

Sempre in un’ottica di retroattività dell’assegno definitivo solo a favore del beneficiario si è sostenuta la possibilità che il provvedimento definitivo disponga anche per il passato con effetto retroattivo, non per affermare tuttavia la generale ripetibilità degli importi, o dei maggiori importi, sanciti dai provvedimenti interinali o non definitivi, ma solo per determinare la caducazione del titolo esecutivo in forza del quale il coniuge creditore pretenda dal coniuge debitore il versamento di maggiori importi contenuti nel provvedimento interinale caducato o nella sentenza riformata.

Quindi l’irripetibilità, quale ulteriore caratteristica del diritto, strettamente personale, agli alimenti, pur non espressamente previsto dal Legislatore, è individuata in via interpretativa (cfr. Cass. n. 15164/2003; Cass. 11863/2004; Cass. n. 28987/2008; Cass. n. 21675/2012; Cass. n. 15186/2015).

Una rivisitazione di tale orientamento sembra oramai necessaria alla luce di alcune modifiche processuali che si sono succedute: a) con gli artt. 8 e 23 della L. n. 74/1987, di modifica della legge n. 898/1970, si è previsto che nel procedimento di divorzio come in quello di separazione “per la parte relativa ai provvedimenti di natura economica la sentenza di primo grado è provvisoriamente esecutiva”; b) l’introduzione del c.d. “nuovo rito cautelare” di cui agli artt. 669 bis/669 quaterdecies; c) la modifica dell’art. 336 c.p.c.; d) la legge n. 80/2005 che ha previsto, all’art. 709 c.p.c. che “i provvedimenti temporanei e urgenti assunti dal presidente con ordinanza di cui al terzo comma dell’art. 708 possono essere revocati o modificati dal giudice istruttore”; e) la legge n. 54/2006 ha introdotto la reclamabilità dei provvedimenti presidenziali ex art. 708 c.p.c.

Deve in ultimo rilevarsi che nel decreto legislativo n. 149/2022 di riforma del processo civile si è previsto che il Giudice, all’udienza di comparizione delle parti, se la conciliazione non riesce, adotta i provvedimenti necessari ed urgenti che ritiene opportuni nell’interesse delle parti “nei limiti delle domande da questi proposte”, e quando pone a carico delle parti l’obbligo di versare un contributo economico determina “la data di decorrenza del provvedimento, con facoltà di farla retroagire fino alla data della domanda”.

La Suprema Corte ha affermato che la retroattività della sentenza, nel rapporto tra sentenza di primo grado e sentenza di appello, nel caso in cui escluda o riduca l’assegno stabilito nella sentenza impugnata, può operare solo a favore del beneficiario dell’assegno, considerato il carattere “latamente alimentare” o la funzione anche alimentare dell’assegno e la conseguente  applicabilità, per analogia, agli assegni separativi o divorzili del trattamento riservato agli alimenti, ragione questa per cui l’effetto retroattivo della sentenza debba in ogni caso conciliarsi con i caratteri della impignorabilità, della non compensabilità e della irripetibilità dell’assegno di mantenimento (desumibili dagli artt. 447 c.c. e 545 c.p.c.) propri della disciplina dell’assegno alimentare.

In effetti non si rinviene nell’ordinamento una disposizione che, sul piano sostanziale, sancisca la irripetibilità dell’assegno propriamente alimentare provvisoriamente disposto a favore dell’alimentando: l’art. 447 c.c. disciplina la cessione del credito alimentare e la sua compensazione con un controcredito dell’obbligato, ma non ne sancisce la irripetibilità. Gli artt. 440 e 446 c.c. non escludono la possibilità di ricorrere al generale rimedio dell’azione di ripetizione di indebito nelle ipotesi di riduzione dell’assegno alimentare fissato in via cautelare e provvisoria dal Presidente del Tribunale; di conseguenza non può negarsi l’efficacia caducatoria e ripristinatoria dello status quo ante e pertanto sostitutiva della sentenza impugnata propria della sentenza emessa in esito al successivo grado di giudizio sulla base del semplice riferimento alla disciplina dettata per gli alimenti in senso proprio.

Peraltro, riguardo alla questione che qui interessa, non si tratterebbe di sancire l’obbligo di restituzione di quanto percepito a titolo strettamente alimentare, ma di restituire somme di denaro versate sulla base di un supposto ed inesistente diritto al mantenimento, oppure di parziale restituzione di somme di denaro versate sulla base di un supposto e parzialmente inesistente diritto al mantenimento.

Non si tratta però di dettare una regola di “automatica irripetibilità” delle prestazioni rese in esecuzione di obblighi di mantenimento, quanto di operare un necessario bilanciamento tra l’esigenza di legalità e prevedibilità delle decisioni e l’esigenza, di stampo solidaristico, di tutela del soggetto che sia stato riconosciuto parte debole del rapporto.

Se con la sentenza venga escluso “ab origine” (non per fatti sopravvenuti) il presupposto del diritto al mantenimento, separativo o divorzile, per mancanza di uno “stato di bisogno” del soggetto richiedente, ovvero si addebiti la separazione al coniuge che, nelle more, abbia goduto di un assegno con funzione non meramente alimentare, non vi sono ragioni per escludere l’obbligo di restituzione delle somme indebitamente percepite, ai sensi dell’art. 2033 c.c. con conseguente piena ripetibilità.

Per converso, si deve affermare che, invece, non sorge a favore del coniuge separato o dell’ex coniuge, obbligato o richiesto, il diritto di ripetere le maggiori somme provvisoriamente versate sia se si procede ad una rivalutazione, con effetto ex tunc delle sole condizioni economiche del soggetto richiesto o obbligato alla prestazione, sia nel caso in cui l’assegno stabilito in sede presidenziale (o nel rapporto tra la sentenza definitiva di un grado di giudizio rispetto a quella sostitutiva del grado successivo) venga rimodulato “al ribasso”; il tutto sempre se l’assegno non superi la misura che garantisca al soggetto debole di far fronte alle normali esigenze di vita della persona media, tale che la somma di denaro possa ragionevolmente e verosimilmente ritenersi tutta consumata nel periodo per il quale è stata prevista la sua corresponsione. Si deve, infatti, ragionevolmente presumere, in rapporto all’entità della somma di denaro litigiosa, che le maggiori somme, attribuite in via provvisoria o in via definitiva con la sentenza di primo grado, versate medio tempore dal richiesto al richiedente, siano state comunque consumate, proprio per fini di sostentamento dal coniuge debole: il denaro nell’ambito di cifre di modesta entità, percepito in funzione del necessario sostentamento del coniuge, è da presumere che sia stato speso a quel fine, con conseguente esclusione di ogni inutile azione di ripetizione.

In definitiva, ecco il principio di diritto che viene affermato da questa sentenza che cambia radicalmente l’orientamento giurisprudenziale e che già da qualche tempo si andava affermando nelle varie Corti di merito: “in materia di famiglia e di condizioni economiche nel rapporto tra coniugi separati o ex coniugi, per le modifiche nel corso del giudizio, con sentenza definitiva di primo grado o di appello, delle condizioni economiche riguardanti i rapporti tra i coniugi, separati o divorziati, sulla base di una diversa valutazione, per il passato (non alla luce di fatti sopravvenuti) dei fatti già posti a base dei provvedimenti presidenziali, confermati o modificati dal giudice istruttore occorre distinguere: a) opera la “condicio indebiti”, ovvero la regola generale civile della piena ripetibilità delle prestazioni economiche effettuate, in presenza di una rivalutazione della condizione del richiedente o avente diritto, ove si accerti l’insussistenza, ab origine dei presupposti per l’assegno di mantenimento o divorzile; b) non opera la “condicio indebiti” e quindi la prestazione è da ritenersi irripetibile, sia se si procede ad una rivalutazione, con effetto ex tunc, delle sole condizioni economiche del soggetto richiesto o obbligato dalla prestazione, sia se viene effettuata una semplice rimodulazione al ribasso, anche sulla base dei soli bisogni del richiedente, purché in ambito di somme di denaro di entità modesta, alla luce del principio secondo cui si deve presumere che dette somme di denaro siano state ragionevolmente consumate dal soggetto richiedente in condizioni di sua accertata debolezza economica; c) al di fuori delle ipotesi sub b), in presenza di modifica, con effetto ex tunc, dei provvedimenti economici tra coniugi o ex coniugi opera la regola generale della ripetibilità”.