QUANDO CESSA L’OBBLIGO DI MANTENIMENTO DEL FIGLIO MAGGIORENNE

Con sentenza n. 32727 del 7 novembre 2022, la Corte di Cassazione si è pronunciata in merito alla dibattuta questione dell’obbligo da parte dei genitori di mantenimento dei figli maggiorenni non ancora economicamente autosufficienti, stabilendo che la cessazione di tale mantenimento deve essere fondata su un accertamento di fatto che abbia riguardo all’età, all’effettivo conseguimento di un livello di competenza professionale e tecnica, all’impegno rivolto verso la ricerca di un’occupazione lavorativa nonché, in particolare, alla complessiva condotta personale tenuta, a far tempo dal raggiungimento della maggiore età, da parte dell’avente diritto.

In particolare la Suprema Corte ha cassato la decisione della Corte d’Appello di Bari che, di fronte alla deduzione della madre e del figlio circa il comportamento inadempiente del padre, che aveva reso impossibile al figlio di sostenere gli esami stante il mancato pagamento delle tasse universitarie fin dai primi anni di studio, ha ritenuto che fosse onere della madre e del figlio stessi provare che fosse per loro impossibile pagare autonomamente gli studi universitari in luogo del padre, tenuto all’obbligo del mantenimento, e che non aveva fornito la prova del suo adempimento. Il Giudice di secondo grado, con tale pronuncia era dunque incorso in una violazione di legge, finendo per accollare all’altro genitore l’onere di provare l’assoluta impossibilità di anticipare il pagamento delle tasse universitarie del figlio ed al contempo omettendo la corretta valutazione di fatti decisivi per il giudizio.

La contribuzione dei genitori al mantenimento della prole è un obbligo costituzionalmente sancito dall’art. 30 e non può dunque cessare ipso facto con il raggiungimento della maggiore età da parte dei figli, ma perdura immutato, fino al raggiungimento dell’autosufficienza economica; d’altra parte l’obbligo al mantenimento del figlio maggiorenne, così come sancito dagli artt. 147, 148, 155 quinquies, 315 bis, 316 bis e 337 septies c.c. trova un limite nella conclusione del percorso educativo – formativo da parte del figlio, presupposto che rende esigibile l’utile attivazione dello stesso nella ricerca di un lavoro.

Al riguardo, con ordinanza n. 17183 del 14 agosto 2020, la stessa Corte di Cassazione ha ritenuto che l’onere della prova delle condizioni che fondano il diritto al mantenimento del figlio maggiorenne è a carico del richiedente. Ai fini dell’accoglimento della domanda, pertanto, è onere del richiedente provare non solo la mancanza di indipendenza economica – che è la precondizione del diritto preteso – ma di avere curato, con ogni possibile impegno, la propria preparazione professionale o tecnica e di avere, con pari impegno, operato nella ricerca di un lavoro.

Sempre la Suprema Corte ha pure statuito, innovando i precedenti orientamenti, che l’obbligo di mantenimento permane a carico dei genitori sino al momento in cui il figlio raggiunge la maggiore età, subentrando successivamente la diversa disposizione di cui all’art. 337 septies c.c. che non prevede alcun automatismo circa l’attribuzione del diritto al mantenimento, ma rimette la decisione al giudice alla stregua di tutte le “circostanze” del caso concreto.

Ciò in quanto nel nostro ordinamento vige il principio di autoresponsabilità, che impone al figlio di non abusare del diritto ad essere mantenuto dal genitore oltre ragionevoli limiti di tempo e di misura, nell’attesa di reperire il lavoro che possa soddisfare i propri desideri ed ambizioni personali.

Il dovere del genitore sarà dunque quello di assicurare al figlio il conseguimento della capacità lavorativa, attraverso il mantenimento fino alla conclusione del percorso formativo.

Nel caso in esame, affrontato dalla Suprema Corte, il genitore non aveva consentito al figlio di potersi formare adeguatamente, interrompendo sin dal primo anno di università la contribuzione al pagamento delle tasse e impedendo di fatto allo stesso di potere dare gli esami necessari per il conseguimento della laurea.

In sostanza, l’onere della prova graverà sul genitore che intenda richiedere la cessazione del contributo al mantenimento, il quale dovrà dimostrare che il mancato raggiungimento dell’indipendenza economica del figlio debba essere attribuito esclusivamente a sua esclusiva colpa, inerzia, scarsa volontà di impegnarsi nel reperimento e nello svolgimento di un’occupazione, tali da giustificare il decadimento del diritto al mantenimento.

D’altro canto, sarà il figlio a dovere provare di essersi impegnato nello studio e nella ricerca di una occupazione, ma di non essere riuscito a raggiungere l’indipendenza economica per cause al medesimo non imputabili.