IL REQUISITO DELL’URGENZA NELL’ACCERTAMENTO TECNICO PREVENTIVO
Il ricorso per accertamento tecnico preventivo (in breve A.T.P.) di cui all’art. 696 c.p.c. è volto a salvaguardare il diritto a conseguire la prova di un certo fatto o di una situazione di fronte al rischio che, nel frattempo, si producano alterazioni irreversibili che ne precludano la possibilità di un successivo accertamento.
Nel caso trattato da questo Studio avanti al Tribunale di Ravenna si erano verificati ingenti danni in due appartamenti confinanti di proprietà dei ricorrenti, facenti parte di un unico condominio, a causa di un forte allagamento da fuoriuscita di reflui dal lavello della cucina di uno dei due immobili, provenienti dalla cucina dell’appartamento sovrastante.
Il ricorso per accertamento tecnico preventivo, ai sensi dell’art. 696 c.p.c., veniva presentato dai ricorrenti circa quattro mesi dopo la verificazione del fatto, in quanto, medio tempore, le parti avevano tentato (invano) un componimento bonario della vicenda, senza alterare lo stato dei luoghi; la finalità dell’A.T.P. era dunque quella di accertare l’esistenza e l’entità materiale dei danneggiamenti presenti negli immobili, nonché le cause dell’evento dannoso, richiedendo al Consulente Tecnico d’Ufficio altresì di indicare i lavori di ripristino da eseguirsi per porre rimedio agli stessi, determinandone l’entità economica.
Le controparti, nelle loro memorie difensive, deducevano – tra l’altro – la carenza dei presupposti di legge necessari per instaurare un procedimento di A.T.P., in virtù del fatto che gli elementi materiali dedotti a sostegno della richiesta cautelare (ovvero l’esistenza delle infiltrazioni d’acqua, i relativi danni provocati negli appartamenti nonché i costi e i rimedi necessari per l’eliminazione delle conseguenze dell’allagamento) si sarebbero potuti accertare in qualunque momento in un procedimento di cognizione ordinaria, oppure addirittura in sede anticipatoria ai sensi dell’art. 1172 c.c., senza appunto che il decorso del tempo avesse potuto di per sé pregiudicare irreversibilmente la genuinità, la completezza e l’utilità dell’attività istruttoria diretta alla valutazione dell’effettiva sussistenza o meno dei fatti materiali.
A supporto di tale tesi richiamavano l’orientamento giurisprudenziale secondo il quale il requisito dell’urgenza “che condiziona l’assunzione in via preventiva di mezzi di prova, secondo la procedura contemplata dagli art. 692 e ss c.p.c., nonché la loro successiva ammissione nel procedimento ordinario, si traduce in un apprezzamento di fatto, correlato ad una valutazione del pericolo di dispersione delle prove medesime non legata da specifiche regole, e come tale è demandato al giudice di merito ed è incensurabile in sede di legittimità, ove correttamente motivato” (Cass. 25 gennaio 1986, n. 496); in tal senso si è espressa la giurisprudenza di merito rilevando che “nell’accertamento tecnico preventivo – che è procedimento di natura cautelare – la tutela cautelare è tipizzata dalla stessa norma, che fa richiamo non a una qualsiasi urgenza di procedere all’accertamento richiesto, ma all’urgenza causata dal rischio di dispersione delle prove” (Tribunale di Teramo dell’11 giugno 2018, in Redazione Giuffrè 2018) e ancora “non può essere accolta la domanda di accertamento tecnico preventivo diretta a verificare la sussistenza o meno e l’entità dei danni, le cause ed i rimedi (con riferimento alle dedotte infiltrazioni di acqua nell’immobile di proprietà del ricorrente), in quanto appare carente il presupposto primario di utile esperibilità del presente procedimento di istruzione preventiva, costituito (ex art. 696 c.p.c.) dal requisito dell’urgenza (“di far verificare, prima del giudizio, lo stato dei luoghi o la qualità o la condizione di cose”), inteso come pericolo di dispersione delle fonti di prova di fatti rilevanti ai fini della decisione di eventuali cause di merito” (Tribunale di Catania, 10 maggio 2017 in Redazione Giuffrè).
Inoltre, lo stesso Tribunale di Ravenna con provvedimento in data 8 luglio 2022 aveva dichiarato inammissibile un ricorso di accertamento tecnico preventivo per mancanza del requisito dell’urgenza, proprio in ottemperanza al predetto orientamento giurisprudenziale secondo cui non sussiste il periculum tipico di dispersione della prova contro cui si dirige la cautela insita nell’accertamento tecnico preventivo, laddove l’urgenza dedotta dal ricorrente venga ravvisata in una “mera urgenza soggettiva” di eseguire i lavori di ripristino; in questo caso si trattava di fenomeni di infiltrazioni che si erano verificati dieci anni prima dalla presentazione del ricorso per A.T.P..
Partendo dalla valutazione del “motivo soggettivo” dell’urgenza, appare significativo sottolineare come, nel caso trattato da questo Studio, l’urgenza consisteva principalmente nell’impossibilità per i ricorrenti di poter godere di un loro bene (la loro casa delle vacanze) per tutto il tempo necessario ad effettuare i lavori di ripristino dei luoghi, posto che effettuandoli si sarebbe compromessa la prova della domanda di merito; tra l’altro l’evento dannoso, come anticipato, si era verificato solo qualche mese prima del deposito del ricorso.
La difesa elaborata da questo Studio ha evidenziato come i ricorrenti avessero, da un lato, il diritto di godere pacificamente e pienamente dei loro immobili e, dall’altro, il diritto di farne accertare gli avvenuti danneggiamenti; tuttavia le due cose non sarebbero potute avvenire contemporaneamente: il mantenimento degli elementi di prova dei danneggiamenti avrebbe presupposto la non mutazione dei luoghi, mentre il godimento dei beni necessitava i previ interventi che, ripristinando i luoghi stessi, avrebbero appunto potuto compromettere la prova.
Inoltre si è evidenziato come il danneggiato (cfr. art. 1227, 1° comma c.c.) ha un preciso obbligo di cooperazione, anche a vantaggio del danneggiante, nell’evitare che, per negligenza del primo, il danno si aggravi: cosa che sicuramente si sarebbe verificata nelle more di un ordinario accertamento a cognizione piena, sia in termini di aggravamento delle conseguenze materiali derivanti dall’allagamento, sia in termini di accrescimento del risarcimento per equivalente che sarebbe stato dovuto per il mancato godimento.
Il Giudice del Tribunale di Ravenna, prendendo atto degli scritti difensivi, con ordinanza in data 12 ottobre 2022 ha quindi ammesso il ricorso per accertamento tecnico preventivo presentato da questo Studio ritenendo sussistere le condizioni previste dall’art. 696 c.p.c., e in particolare l’urgenza di verificare a mezzo di C.T.U. lo stato degli appartamenti di proprietà dei ricorrenti “interessati da gravi fenomeni di infiltrazioni di acqua e liquami che ne pregiudicano sensibilmente il godimento, e richiedono quindi indifferibili interventi di ripristino, anche al fine di prevenire possibili aggravamenti dei danni già esistenti”.