L’EFFICACIA DEI MESSAGGI WHATSAPP NEI PROCEDIMENTI CIVILI – Ordinanza n. 1254/2025 Corte di cassazione

Con l’ordinanza n. 1254/2025, pubblicata il 18 gennaio 2025, la Suprema Corte è tornata a pronunciarsi in merito all’ammissibilità dei messaggi WhatsApp quale prova documentale nei procedimenti civili.

In un contesto di crescente digitalizzazione delle comunicazioni, l’ordinanza in commento, ponendosi sulla scia della precedente pronuncia a Sezioni Unite n. 11197 del 27 aprile 2023, ha confermato l’orientamento secondo il quale i messaggi WhatsApp, al pari degli SMS e delle e-mail, possono costituire piena prova dei fatti e delle circostanze in essi rappresentati.

I messaggi Whatsapp costituiscono, infatti, documenti elettronici contenenti la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti che, seppur privi di firma, rientrano tra le riproduzioni informatiche e le rappresentazioni meccaniche di cui all’art. 2712 c.c. e, come tali, formano piena prova dei fatti e delle cose rappresentate se colui contro il quale vengono prodotti non ne disconosca la conformità ai fatti o alle cose medesime.

E ciò pur non avendo l’efficacia della scrittura privata prevista dall’art. 2702 c.c.

Il disconoscimento delle riproduzioni informatiche è idoneo a farne perdere la qualità di prova, degradandole a presunzioni semplici: questo deve, tuttavia, essere chiaro, circostanziato ed esplicito, dovendosi concretizzare nell’allegazione di elementi attestanti la non corrispondenza tra realtà fattuale e realtà riprodotta.

In ogni caso, osserva la Corte, ne deve essere sempre garantita la provenienza e l’attendibilità.

Quanto a quest’ultimo aspetto, anche la modalità di acquisizione dei messaggi tramite screenshot, ossia una riproduzione fotografica degli stessi, è legittima purché si possa dimostrare con certezza l’origine e l’integrità del documento digitale.

Per garantire l’affidabilità della prova, è necessario quindi che il messaggio provenga da un dispositivo identificabile e che il contenuto non sia stato alterato, aspetto che può richiedere verifiche tecniche o perizie forensi al fine di evitare abusi e garantire la corretta ricostruzione dei fatti.

L’orientamento espresso dalla Cassazione rappresenta un significativo passo avanti nell’aggiornamento del sistema probatorio alle esigenze del mondo digitale: la possibilità di utilizzare i messaggi WhatsApp come prova piena consente, da un lato, di rendere più efficiente la ricostruzione dei fatti in sede processuale, e, dall’altro, di porre l’attenzione sulla necessità di un’accurata gestione e conservazione dei dati digitali.