RISARCIMENTO DANNI – Risoluzione anticipata del contratto per inadempimento del conduttore – Danno da mancato guadagno del locatore – Restituzione del bene locato prima della scadenza – Irrilevanza – Risarcibilità del pregiudizio -Oneri probatori del locatore – Contenuto – Applicabilità dell’art. 1591 c.c. – Esclusione.

Le Sezioni Unite Civili, con la sentenza n. 4892 del 25 febbraio 2025 – in relazione alla questione ritenuta di massima di particolare importanza, già oggetto di contrasto, dalla Sezione Terza civile con l’ordinanza interlocutoria n. 31276 del 9 novembre 2023 – hanno pronunciato il seguente principio: «Il diritto del locatore a conseguire, ai sensi dell’art. 1223 c.c., il risarcimento del danno da mancato guadagno a causa della risoluzione del contratto per inadempimento del conduttore non viene meno, di per sé, in seguito alla restituzione del bene locato prima della naturale scadenza del contratto, ma richiede, normalmente, la dimostrazione, da parte del locatore, di essersi tempestivamente attivato, una volta ottenuta la disponibilità dell’immobile, per una nuova locazione a terzi, fermo l’apprezzamento del giudice delle circostanze del caso concreto anche in base al canone della buona fede e restando in ogni caso esclusa l’applicabilità dell’art. 1591 c.c.».

I fatti di causa traggono origine dall’acquisto, da parte di una Società X, in data 23.9.2009, di un immobile sito in Roma, con conseguente subentro della stessa nel contratto di locazione di tale immobile stipulato, in data 18.10.2007, tra la precedente proprietaria e il conduttore; quest’ultimo però si era reso moroso nel pagamento di taluni canoni di locazione e, pur avendo la locatrice ottenuto la convalida dello sfratto per morosità e attivato, nell’aprile del 2010, il corrispondente procedimento di rilascio, la stessa fosse riuscita ad ottenere la restituzione spontanea dell’immobile solo in data 22/9/2010.

In forza di tali presupposti, la società attrice ha invocato la condanna del conduttore al risarcimento dei danni dalla stessa subiti in conseguenza del comportamento contrattuale del conduttore, ivi compresi tutti i canoni di locazione non corrisposti fino alla data di naturale scadenza del contratto (prevista per il 2011) o, quantomeno, sino alla data dell’eventuale conclusione di una nuova locazione, oltre al pagamento delle spese relative al procedimento di convalida dello sfratto. Con sentenza depositata in data 2/10/2014, il Tribunale di Roma ha parzialmente accolto la domanda della società attrice, condannando il conduttore al pagamento, in favore della stessa, della somma di euro 4.000,00, rigettando nel resto le ulteriori domande.

Proposto appello dalla Società X, con sentenza resa in data 12/11/2018, la Corte d’appello di Roma confermava la decisione del giudice di primo grado, rilevando come, pur avendo la società attrice originariamente riferito la propria pretesa risarcitoria al ‘maggior danno’ di cui all’art. 1591 c.c., tale domanda dovesse ritenersi comunque infondata: la materiale riconsegna dell’immobile locato prima della naturale scadenza del contratto era valsa ad escludere la sussistenza di alcun residuo pregiudizio a carico della locatrice, segnatamente in relazione alla mancata percezione dei canoni fino alla scadenza del contratto, dovendo ritenersi che il patrimonio della Società X era stato adeguatamente reintegrato attraverso il ripristino del materiale godimento dell’immobile, non essendo emersa alcuna impossibilità di ristabilire detto godimento, secondo le modalità precedentemente usufruite, per fatto imputabile al conduttore.

Avverso la sentenza d’appello, la Società X ha promosso ricorso per Cassazione, resistendo il conduttore con controricorso.

Avviato alla trattazione in camera di consiglio, il ricorso è stato successivamente rimesso, per la discussione, all’udienza pubblica, con ordinanza interlocutoria n. 5051 del 17/2/2023 della Terza Sezione Civile. A seguito della discussione in udienza pubblica, con successiva ordinanza interlocutoria n. 31276 del 9/11/2023, il Collegio della Terza Sezione Civile ha rimesso il ricorso al Primo Presidente della Corte di Cassazione, per l’eventuale esame dinanzi alle Sezioni Unite delle questioni di diritto poste con particolare riguardo al punto concernente la riconoscibilità, in favore del locatore, al quale il conduttore inadempiente abbia riconsegnato l’immobile prima della naturale scadenza del contratto, del diritto al risarcimento del danno consistente nella mancata percezione dei canoni di locazione eventualmente dovuti per il periodo successivo a detta riconsegna fino alla naturale scadenza del contratto, o all’eventuale precedente data di conclusione di una nuova locazione.

Secondo l’ordinanza di rimessione della Terza Sezione convivono nella giurisprudenza di questa Corte, e segnatamente di questa sezione, due orientamenti. Secondo un primo orientamento, più risalente e tendenzialmente prevalente, il locatore, che abbia chiesto ed ottenuto la risoluzione anticipata del contratto di locazione per inadempimento del conduttore, ha diritto anche al risarcimento del danno per la anticipata cessazione del rapporto, da individuare nella mancata percezione dei canoni concordati fino al reperimento di un nuovo conduttore, ed il cui ammontare è riservato alla valutazione del giudice di merito sulla base di tutte le circostanze del caso concreto (Cass. n. 194 del 2023; n. 8482 del 2020; n. 2865 del 2015; n. 10677 del 2008; n. 18510 del 2007; n. 676 del 1980; n. 1880 del 1970).

Secondo altro orientamento, recepito dalla sentenza di merito, in ipotesi di risoluzione del contratto di locazione per inadempimento del conduttore, intervenuto il rilascio del bene locato, la mancata percezione da parte del locatore dei canoni che sarebbero stati esigibili fino alla scadenza convenzionale o legale del rapporto, ovvero fino al momento in cui il locatore stesso conceda ad altri il godimento del bene con una nuova locazione, non configura di per sé un danno da “perdita subita”, né un danno da “mancato guadagno”, non ravvisandosi in tale mancata percezione una diminuzione del patrimonio del creditore locatore rispetto alla situazione nella quale egli si sarebbe trovato se non si fosse verificato l’inadempimento del conduttore, stante il carattere corrispettivo del canone rispetto alla privazione del godimento; un danno correlato alla mancata percezione del canone dopo il rilascio può, invece, configurarsi se, per le concrete condizioni in cui si trova l’immobile, la restituzione del bene non abbia consentito al locatore di poter esercitare, né in via diretta né in via indiretta, il godimento di cui si era privato concedendo il bene in locazione, commisurandosi in tal caso la perdita al tempo occorrente per il relativo ripristino quale conseguenza dell’inesatto adempimento dell’obbligazione di rilascio nei sensi dell’art. 1590 cod. civ. (Cass. n. 1426 del 2017; n. 27614 del 2013).

Il punto di divergenza fra i due orientamenti risiede nelle conseguenze che vengono ricollegate alla valutazione in termini di godimento indiretto della locazione. Per l’indirizzo recepito dalla corte territoriale non c’è pregiudizio, con riferimento ai canoni che, dopo il rilascio, sarebbero stati esigibili fino alla scadenza del contratto, se il godimento torna al proprietario locatore in seguito al rilascio all’esito della risoluzione per inadempimento, posto che il canone è il corrispettivo per la privazione del godimento. Per il primo indirizzo, invece, il rilascio dell’immobile non neutralizza il danno del mancato conseguimento del canone fino alla scadenza del rapporto contrattuale.

Il Collegio ha ritenuto che, ai fini della risoluzione delle questioni di diritto in relazione alle quali è stato sollecitato l’intervento delle Sezioni Unite – debba essere condiviso l’orientamento interpretativo volto, da un lato, ad escludere che la restituzione dell’immobile locato prima della naturale scadenza del contratto valga di per sé a precludere il diritto del locatore a rivendicare, a titolo risarcitorio, il pagamento dei canoni destinati a scadere successivamente alla restituzione (fino alla prevista scadenza del contratto o all’eventuale nuova locazione dell’immobile) e, dall’altro, a negare che il danno risarcibile in favore del locatore debba ricomprendere, con carattere di automaticità, tutti i canoni non percepiti fino alla scadenza del contratto originariamente stabilita dalle parti o, in alternativa, al reperimento di un nuovo conduttore.

Secondo l’indirizzo fatto proprio dalla giurisprudenza minoritaria  (cfr. Cass., Sez. 6-3, n. 27614 del 10/12/2013), e posta a fondamento della decisione di merito impugnata nel caso de quo – quando si sia pronunciata la risoluzione del contratto di locazione per inadempimento del conduttore e sia intervenuto il rilascio del bene locato, la mancata percezione da parte del locatore dei canoni che sarebbero stati esigibili fino alla scadenza convenzionale o legale del rapporto, ovvero fino al momento in cui il locatore stesso conceda ad altri il godimento del bene con una nuova locazione, non configura di per sé un danno da “perdita subita”, né un danno da “mancato guadagno”, non ravvisandosi in tale mancata percezione una diminuzione del patrimonio del creditore-locatore rispetto alla situazione nella quale egli si sarebbe trovato se non si fosse verificato l’inadempimento del conduttore.

Secondo tale tesi, la concessione in godimento di un bene iure locationis si risolve, ex latere del locatore, in una particolare forma di esercizio del godimento del bene nelle sue utilità, cioè nel conferimento al conduttore della facoltà di esercitare in via diretta su di esso il godimento materiale, che altrimenti sarebbe esercitabile dal locatore. A fronte di tale conferimento e, quindi, con diretta giustificazione in ragione di esso, il conduttore versa al locatore il corrispettivo, il canone, che viene a rappresentare in tal modo una modalità di fruizione indiretta dell’utilità sottesa al godimento del bene sostitutiva del possibile godimento diretto che il locatore, se conservasse la detenzione del bene potrebbe esercitare con l’estrinsecazione della facoltà di godimento materiale su di esso, utilizzandolo per una qualche destinazione conforme alla sua natura o alle sua funzionalità, ma che, potrebbe anche esercitare anche estrinsecandola in negativo, cioè attraverso la mera conservazione della detenzione del bene, senza cioè il compimento di attività di godimento materiale di esso, come ad esempio tenendolo intercluso ed inaccessibile, nonché incolto, trattandosi di terreno, o, trattandosi di edificio, inutilizzato. Quando il locatore concede in locazione l’immobile, il corrispettivo della locazione, cioè il canone, rappresenta l’equivalente della privazione della possibilità di esercitare il godimento dello stesso in via diretta, cioè sia attraverso lo svolgimento su di esso dell’attività di godimento materiale possibile secondo la natura del bene, sia attraverso un atteggiamento di non utilizzazione del bene per il tramite di tale attività di godimento materiale e, quindi, attraverso la sua mera detenzione» (così Cass., Sez. 6-3, n. 27614 del 10/12/2013, §3.3, pagg. 8-9).

Tale orientamento interpretativo, ad avviso delle Sezioni Unite, non può essere condiviso.

L’affermazione secondo cui la dimensione causale del contratto di locazione riposerebbe sulla preliminare ‘rinuncia al godimento diretto’ da parte del locatore esprime una prospettiva del tutto marginale della realtà contrattuale della locazione: non appare, infatti, necessariamente configurabile, in capo a tutti coloro che intendono trasmettere a terzi il godimento di un immobile di cui hanno la disponibilità, un qualche apprezzabile interesse per il godimento diretto del proprio immobile, né necessariamente una volontà di tale forma di godimento.

Sul piano dell’identificazione della causa del contratto di locazione è più conveniente piuttosto tener ferma e valorizzare la più limitata dimensione dello scambio (in sé considerato) tra l’utilità economico-sociale rappresentata dal godimento di un bene immobile e l’importo monetario del canone: uno scambio in cui la prestazione patrimoniale del conduttore non risulta affatto volta a ‘compensare’ il sacrificio del godimento diretto del bene da parte del locatore, bensì a ‘corrispondere’ alle utilità offerte del locatore secondo i termini di una specifica dinamica funzionale di carattere economico-sociale.

La prefigurazione negoziale dell’esecuzione delle reciproche prestazioni delle parti realizza, pertanto, un nuovo, originale e più avanzato assetto economico-giuridico delle sfere di entrambi i contraenti, destinato a stabilizzarsi definitivamente attraverso il puntuale compimento del ‘programma contrattuale’ alla cui puntuale attuazione entrambe le parti risultano vincolate. Con la realizzazione di tale nuovo assetto, da un lato, il locatore avrà soddisfatto il suo specifico interesse alla ‘trasformazione’, in una definitiva disponibilità monetaria, della temporanea utilizzabilità del bene e, dall’altro, il conduttore il suo particolare interesse a ‘trasformare’ la sua originaria disponibilità monetaria nel temporaneo godimento delle specifiche utilità offerte dal bene altrui.

Sulla base di tali premesse, la restituzione dell’immobile prima della conclusione del contratto da parte del conduttore inadempiente non potrà mai valere a determinare di per sé l’integrale ricostituzione della condizione economico-giuridica del locatore configuratasi a seguito della conclusione del contratto di locazione; attesterà piuttosto il fallimento (per responsabilità del conduttore) del programma contrattuale alla cui realizzazione le parti si erano positivamente vincolate e, conseguentemente, della sopravvenuta impossibilità (sempre per fatto del conduttore) di pervenire alla realizzazione del piano degli effetti economici e giuridici che i contraenti avevano originariamente prefigurato.

La giurisprudenza della Suprema Corte ha già espressamente avuto modo di rilevare che, nei contratti a prestazioni corrispettive, alla risoluzione per inadempimento si accompagna sempre il diritto, per il contraente fedele, al risarcimento del danno, non limitato all’interesse negativo, all’id quod interest contractum non fuisse, bensì esteso all’interesse positivo, al quantum lucrari potuit, atteso, per un verso, che l’azione di risoluzione è alternativa all’azione di adempimento (per sua natura finalizzata al conseguimento dell’interesse positivo) e considerato, per altro verso, che, diversamente opinando, la responsabilità (contrattuale) per inadempimento coinciderebbe quoad effectum con la responsabilità precontrattuale, venendosi a trattare in modo uguale situazioni diverse (cfr. Cass., Sez. 3, n. 28022 del 14/10/2021; v. altresì Cass., Sez. 3, n. 36497 del 29/12/2023).

Le considerazioni qui esposte confermano la correttezza dell’orientamento secondo il quale il locatore, il quale abbia chiesto e ottenuto la risoluzione anticipata del contratto di locazione per inadempimento del conduttore, abbia diritto anche al risarcimento del danno per l’anticipata cessazione del rapporto, da individuarsi nella mancata percezione dei canoni concordati fino alla scadenza del contratto o al reperimento di un nuovo conduttore; in tal caso, l’ammontare del danno risarcibile costituirà valutazione del giudice di merito, che terrà conto di tutte le circostanze del caso concreto (Cass., Sez. 3, n. 8482 del 5/5/2020), prime fra tutte l’utile che il locatore avrà ricavato (o che avrebbe potuto comunque ricavare con l’uso della normale diligenza) dall’immobile nel periodo intercorso tra la risoluzione prematura e il termine convenzionale del rapporto inadempiuto (Cass., Sez. 6 – 3, n. 194 del 5/1/2023).

E’ doveroso non confondere l’azione risarcitoria con l’azione di adempimento (solo grazie alla quale il locatore può esigere il mancato pagamento dei canoni convenuti fino alla scadenza del rapporto) e rammentare che l’operazione di liquidazione del danno si fonda necessariamente sulla preliminare distinzione fra danno-evento (qui coincidente con l’inadempimento e identificato dalla mancata percezione dei canoni di locazione concordati fino alla scadenza del contratto o al reperimento di un nuovo conduttore) e danno-conseguenza disciplinato dall’art. 1223 c.c., ai sensi del quale il ‘mancato guadagno’ del locatore, in tanto potrà ritenersi risarcibile, in quanto appaia configurabile alla stregua di una «conseguenza immediata e diretta» dell’inadempimento. Tale nesso di ‘causalità giuridica’ tra l’evento di danno e le sue conseguenze pregiudizievoli (alias il carattere di derivazione immediata e diretta di queste ultime dal primo) costituisce materia di un onere probatorio (necessariamente) incombente sul locatore ai sensi dell’art. 2697 c.c..

Da questa prospettiva, la circostanza dell’avvenuta restituzione anticipata dell’immobile da parte del conduttore inadempiente a seguito della risoluzione del contratto se, da un lato, non esclude di principio la risarcibilità delle possibili conseguenze dannose correlate alla mancata percezione dei canoni dovuti fino alla naturale scadenza del contratto (o alla conclusione di un’eventuale nuova locazione), dall’altro, offrirà al giudice del merito elementi utili per una più corretta ricostruzione in fatto delle conseguenze dannose effettivamente ricollegabili all’inadempimento, normalmente identificabili con la perdita dei canoni previsti fino alla naturale scadenza del contratto. È in questo quadro sarà fondamentale la dimostrazione, da parte del locatore, d’essersi convenientemente attivato, non appena ottenuta la riconsegna del proprio immobile, al fine di rendere conoscibile con i mezzi ordinari la disponibilità dell’immobile per una nuova locazione. Un atteggiamento di persistente ingiustificata inerzia del locatore nel riattivare le possibilità di recupero della redditività del proprio bene a seguito della sua riacquistata disponibilità non potrà non legittimare, secondo l’id quod plerumque accidit, la prospettazione dell’eventuale riconducibilità della cessata redditività del bene alla responsabilità dello stesso locatore; una responsabilità nella specie assumibile anche ex fide bona, in coerenza a un criterio valutativo generale del comportamento delle parti contraenti riferibile, oltre che alla relazione pre negoziale (ex art. 1337 c.c.), all’interpretazione del contratto (ex art. 1366 c.c.) e alla sua esecuzione (ex art. 1375 c.c.), anche alla fase che segue la formale risoluzione degli effetti del negozio. Deve pertanto ritenersi gravante sul locatore l’onere di comprovare che, nonostante la restituzione dell’immobile prima della scadenza del contratto da parte del conduttore inadempiente, il danno costituito dalla mancata percezione del canone fino a detta scadenza, o fino alla stipulazione di una nuova locazione, si è ugualmente verificato.

L’insieme delle considerazioni sin qui svolte vale a giustificare la formulazione del seguente principio di diritto: «Il diritto del locatore a conseguire, ai sensi dell’art. 1223 c.c., il risarcimento del danno da mancato guadagno a causa della risoluzione del contratto per inadempimento del conduttore non viene meno, di per sé, in seguito alla restituzione del bene locato prima della naturale scadenza del contratto, ma richiede, normalmente, la dimostrazione, da parte del locatore, di essersi tempestivamente attivato, una volta ottenuta la disponibilità dell’immobile, per una nuova locazione a terzi, fermo l’apprezzamento del giudice delle circostanze del caso concreto anche in base al canone della buona fede e restando in ogni caso esclusa l’applicabilità dell’art. 1591 c.c.».