LE SEZIONI UNITE SULL’ULTRATTIVITA’ DEL MANDATO IN CASO DI ESTINZIONE DELLA SOCIETA’

La Sezioni Unite civili della Corte di Cassazione  con la sentenza n. 29812 del 8 ottobre 2024, depositata in data 19 novembre 2024, sulla questione relativa alla perdita della capacità processuale della parte ricorso per cassazione ha affermato il seguente principio di diritto: “In tema di ricorso per cassazione, la perdita della capacità processuale della parte ricorrente, tanto che si tratti di persona fisica quanto che si tratti di persona giuridica, avvenuta dopo il conferimento della procura speciale al difensore per il giudizio di cassazione ma prima della notifica del ricorso alla controparte, non ne determina la inammissibilità, alla luce del principio di ultrattività del mandato”.

Nel caso di specie, vertente tra una S.r.l. ricorrente ed una Cooperativa sociale onlus controricorrente, quest’ultima aveva proposto eccezione preliminare di inammissibilità del ricorso avversario perché – a fronte del deposito della sentenza impugnata in data 31 luglio 2017 – la procura speciale per la proposizione dell’impugnazione in cassazione, riportata a margine del ricorso introduttivo del giudizio di legittimità, era stata rilasciata dal liquidatore della S.r.l. in liquidazione il 5 settembre 2017, mentre, come risultava da prodotta visura camerale storica, la società era stata cancellata dal registro delle imprese il successivo 12 settembre 2017 e il ricorso per cassazione era stato notificato solo il 28 febbraio 2018; sicché – prosegue la controricorrente – al momento in cui il ricorso è stato proposto, per un verso, la giuridica esistenza della società ricorrente era ormai irrimediabilmente venuta meno e, per altro verso, il mandato difensivo si era estinto ai sensi dell’art. 1722, n. 4 c.c..

I quesiti posti, rimessi alle Sezioni Unite, sono due: quali siano gli effetti della cancellazione della società dal registro delle imprese, avvenuta prima che il ricorso di legittimità sia proposto, ma successivamente al conferimento del mandato difensivo con procura speciale, e, per il caso in cui si reputi che tale fatto implichi l’inammissibilità del ricorso per cassazione, come dovrebbe avvenire la regolamentazione delle spese di lite e in particolare se ne dovrebbe rispondere il difensore o il rappresentante che ha conferito la procura.

Come riportato anche nell’ordinanza interlocutoria, è pacifico che, quando la cancellazione – con la conseguente estinzione – della società di capitali sia intervenuta prima del conferimento del mandato difensivo da parte del liquidatore pro tempore, il mandato sarebbe radicalmente inesistente, perché disposto da soggetto privo, a monte, del relativo potere.

Tuttavia, nella fattispecie, la procura è stata conferita dal liquidatore quando ancora la società non si era estinta e nondimeno il mandato si sarebbe estinto in forza della cancellazione avvenuta prima che il procedimento di legittimità fosse avviato.

Il dubbio investe dunque l’operatività del principio di ultrattività del mandato anche in una fase antecedente all’inizio del procedimento di legittimità.

Secondo una prima tesi potrebbe ritenersi che il ricorso per cassazione proposto dal rappresentante della società, cancellata dal registro delle imprese prima dell’instaurazione del giudizio di legittimità, sia comunque inammissibile, poiché l’operatività del principio di ultrattività presupporrebbe che si agisca in nome di un soggetto esistente e capace di stare in giudizio al momento in cui il processo ha avuto inizio, ed inoltre la proposizione di detto ricorso richiederebbe apposita procura speciale valida ed efficace al momento in cui il ricorso è proposto, e non già estinta prima della sua proposizione. Dunque, così ragionando, l’ultrattività sarebbe possibile nel solo caso in cui la perdita della capacità processuale avvenga nel corso del giudizio già instaurato.

Secondo altra tesi, invece, in forza del valido conferimento del mandato difensivo il procuratore deve comunque curarne l’esecuzione se vi è pericolo nel ritardo, nonostante la sopravvenuta cancellazione della società, quale causa di estinzione del mandato, prima che il giudizio sia intrapreso, ai sensi dell’art. 1728, comma 1 c.c.; o alternativamente, ai sensi dell’art. 1729 c.c., la proposizione del ricorso di legittimità che il procuratore abbia avviato, nonostante la cancellazione della società sia intervenuta prima della notifica del ricorso di legittimità, sarebbe comunque atto valido, nei confronti dei successori della società cancellata, ove il mandatario abbia compiuto tale atto prima di conoscere la causa di estinzione del mandato, ossia l’intervenuta cancellazione dal registro delle imprese della società mandante.

Secondo questa impostazione alternativa, il principio di ultrattività del mandato difensivo opererebbe anche nella fase intermedia rispetto all’apertura del giudizio di legittimità, laddove l’evento estintivo si sia perfezionato dopo il conferimento della procura.

Il Procuratore Generale ha considerato che prima dell’instaurazione del rapporto processuale il processo deve essere proposto dalla “giusta parte” e nei confronti della “giusta parte” e il mandato alle liti conferito da soggetto morto o da società cancellatasi è estinto ai sensi dell’art. 1722, n. 4), c.c., senza che possa ipotizzarsi la sopravvivenza di cui all’art. 1728, comma 1 c.c., che presuppone che il mandatario abbia iniziato l’esecuzione del mandato e debba continuarla senza indugio.

Di conseguenza, nel giudizio di cassazione la necessità della procura speciale esclude l’ultrattività del mandato alle liti rilasciato in precedenza, mentre una volta rilasciata la procura speciale l’ultrattività opera solo dopo l’instaurazione del rapporto processuale.

Le prime pronunce che la Suprema Corte considera nel suo ragionamento sono quelle, ormai celebri, n.6070, 6071 e 6072 del 12 marzo 2013, che hanno evidenziato che l’estinzione della società, conseguente alla volontaria cancellazione dal registro delle imprese, non può comportare anche l’estinzione dei debiti ancora insoddisfatti che ad essa facevano capo, perché in tal modo si finirebbe col consentire al debitore di disporre unilateralmente del diritto altrui, facendo venir meno le garanzie prestate da terzi. Di conseguenza, secondo tali decisioni, la responsabilità dei soci, prevista dall’art. 2495 c.c.., implica un meccanismo di tipo successorio, che ha lo scopo di impedire che la società debitrice possa, con un proprio comportamento unilaterale sottratto al controllo del creditore, espropriarlo del proprio diritto.

Sotto il profilo processuale le Sezioni Unite sono partite dal presupposto che la cancellazione volontaria dal registro delle imprese di una società, determinandone l’estinzione, impedisce che essa possa ammissibilmente agire o essere convenuta in giudizio. Ove, poi, l’estinzione si verifichi nel corso del processo, troveranno applicazione gli artt. 299 e ss. c.p.c., in tema di interruzione del processo, così da contemperare i diritti processuali del successore della parte venuta meno e quelli della controparte. Ciò rappresenta la diretta conseguenza dell’inquadramento dell’estinzione come fenomeno successorio.

Le Sezioni Unite hanno, quindi, analizzato le conseguenze relative al passaggio al grado successivo, affermando che l’esigenza di stabilità del processo, che eccezionalmente ne consente la prosecuzione anche se la parte sia venuta meno, deve considerarsi limitata al grado di giudizio in cui si è verificato l’evento interruttivo, in difetto di indicazioni normative univoche che ne consentano una più ampia esplicazione. Al contrario, il giudizio d’impugnazione deve sempre esser promosso da e contro i soggetti legittimati, e cioè della «giusta parte».

Le Sezioni Unite del 2013 hanno quindi concluso per l’inammissibilità dell’impugnazione che provenga dalla società cancellata o sia ad essa indirizzata, in quanto non proveniente o non diretta nei confronti della giusta parte, tenuto conto del fatto che la pubblicità legale cui l’evento estintivo è soggetto impone di ritenere che i terzi, e quindi anche le controparti processuali, ne siano a conoscenza.

Il successivo intervento delle Sezioni Unite, con la sentenza n. 15295 del 2014, riguardava il caso di una parte persona fisica, che, costituita in appello a mezzo di procuratore, era morta prima dell’udienza di discussione ed era risultata vittoriosa nel grado. Tale evento non era stato né dichiarato in udienza, né notificato alla controparte, che aveva proposto ricorso per cassazione contro la parte deceduta, notificandolo a colui che era stato suo procuratore nel precedente grado di giudizio. Gli eredi si erano difesi con controricorso, notificandolo prima della scadenza del termine lungo per impugnare. È stato così enunciato il seguente principio di diritto: «l’incidenza sul processo degli eventi previsti dall’art. 299 cod.proc.civ., (morte o perdita di capacità della parte) è disciplinata, in ipotesi di costituzione in giudizio a mezzo di difensore, dalla regola dell’ultrattività del mandato alla lite, in ragione della quale, nel caso in cui l’evento non sia dichiarato o notificato nei modi e nei tempi di cui all’art. 300 cod.proc.civ., il difensore continua a rappresentare la parte come se l’evento non si sia verificato, risultando così stabilizzata la posizione giuridica della parte rappresentata (rispetto alle altre parti ed al giudice) nella fase attiva del rapporto processuale e nelle successive fasi di quiescenza e riattivazione del rapporto a seguito della proposizione dell’impugnazione. Tale posizione giuridica è suscettibile di modificazione nell’ipotesi in cui, nella successiva fase d’impugnazione, si costituiscano gli eredi della parte defunta o il rappresentante legale della parte divenuta incapace, oppure se il procuratore di tale parte, originariamente munito di procura alla lite valida anche per gli ulteriori gradi del processo, dichiari in udienza o notifichi alle altri parti l’evento verificatosi, o se, rimasta la medesima parte contumace, l’evento sia documentato dall’altra parte (come previsto dalla novella di cui alla L. n. 69 del 2009, art. 46), o notificato o certificato dall’ufficiale giudiziario ai sensi dell’art. 300 cod.proc.civ., comma 4. Ne deriva che: a) la notificazione della sentenza fatta a detto procuratore, a norma dell’art. 285 cod.proc.civ., è idonea a far decorrere il termine per l’impugnazione nei confronti della parte deceduta o del rappresentante legale della parte divenuta incapace; b) detto procuratore, qualora gli sia originariamente conferita procura alla lite valida anche per gli ulteriori gradi del processo, è legittimato a proporre impugnazione (ad eccezione del ricorso per cassazione, per la proposizione del quale è richiesta la procura speciale) in rappresentanza della parte che, pur deceduta o divenuta incapace, va considerata nell’ambito del processo ancora in vita e capace; c) è ammissibile l’atto di impugnazione notificato, ai sensi dell’art. 330 cod.proc.civ., comma 1, presso il procuratore, alla parte deceduta o divenuta incapace, pur se la parte notificante abbia avuto diversamente conoscenza dell’evento

Il punto di partenza per individuare le possibili soluzioni della vicenda in esame è quindi costituito dai due arresti delle Sezioni Unite del 2013 e del 2014, sopra illustrati.

Entrambe le pronunce prendono in considerazione ipotesi di impugnazione notificata al difensore della parte colpita da evento interruttivo non dichiarato nel giudizio in cui è stata emessa la sentenza impugnata, ma, mentre la pronuncia del 2013 ha dichiarato inammissibile il ricorso, nel 2014 l’impugnazione è stata, al contrario, ritenuta ammissibile, in virtù dell’ultrattività del mandato.

La Corte ha ritenuto che la risposta al primo quesito debba basarsi su quest’ultima ricostruzione, in larga parte orientata a conferire continuità ai principi enunciati nel 2014, all’esito di un grande sforzo ricostruttivo, in consapevole e parziale rimeditazione dei principi espressi dalle decisioni del 2013, e conseguentemente alla luce del principio della ultrattività del mandato difensivo; ha ritenuto pertanto di procedere, nel solco della pronuncia del 2014, sulla strada della piena equiparazione tra ricorrente e resistente, non potendosi desumere una chiara scelta legislativa tra l’iniziativa e la resistenza processuale in sede di legittimità. Alla soluzione accolta neppure può rimproverarsi il difetto di responsabilizzare oltremisura il legale, costretto ad instaurare un ricorso per cassazione in nome di una parte morta/estinta ed esposto a un’azione di responsabilità degli eventuali successori che potrebbero opporgli l’illegittimità o la non opportunità dell’iniziativa.

Il difensore ha la facoltà di assumere l’iniziativa di notificare il ricorso ma la lettera e lo spirito della sentenza n.15295 del 2014 non escludono affatto ed anzi impongono al difensore a conoscenza dell’evento sopravvenuto il dovere di informare e coordinarsi con i successori della parte colpita.

Da un punto di vista deontologico, che pure la Corte di Legittimità affronta, l’art.50 del Codice deontologico forense concerne il dovere di verità e vieta all’avvocato di introdurre o utilizzare nel procedimento prove, elementi di prova o documenti che sappia essere falsi, di impegnare di fronte al giudice la propria parola sulla verità dei fatti esposti in giudizio, nonché di rendere false dichiarazioni sull’esistenza o inesistenza di fatti di cui abbia diretta conoscenza e suscettibili di essere assunti come presupposto di un provvedimento del magistrato.

Ciò non significa, tuttavia, che l’avvocato, nel rispetto dell’obbligo di verità così codificato da punto di vista deontologico, debba comunicare al giudice e alla controparte la vicenda estintiva della capacità processuale della parte rappresentata, quando la legge processuale gli consente di manifestare discrezionalmente quest’informazione, sia pur previa intesa con il successore del soggetto estinto. Si deve quindi escludere che incorra nella violazione del dovere di verità, deontologicamente codificato, l’avvocato che si avvalga di una facoltà specificamente attribuitagli dalla disciplina legale del processo, nel caso operando la scelta discrezionale di non dichiarare l’evento interruttivo che ha colpito la parte rappresentata.