I FLUSSI GENERATI DALLA CONTINUITA’ SOTTOPOSTI ALL’ABSOLUTE PRIORITY RULE: LA CONFERMA DELLA CASSAZIONE

Con l’ordinanza n. 22474 dell’8 agosto 2024 la Corte di Cassazione è tornata in argomento in merito ad uno dei temi certamente più dibattuti sull’utilizzabilità dei flussi generati dalla continuità aziendale nell’ambito del concordato preventivo.

Come noto, dopo l’entrata in vigore del Codice della Crisi, la rigida applicazione del principio dell’ordine delle cause legittime di prelazione, che trova fondamento nella responsabilità patrimoniale del debitore di cui all’art. 2740 c.c. e nelle regole del concorso dei creditori di cui all’art. 2741 c.c., ha subito una attenuazione nell’ambito del concordato preventivo in continuità, dove il trattamento dei creditori è regolato secondo i criteri dell’absolute priority rule (APR) e relative priority rule (RPR).

Secondo la prima regola è impedita la soddisfazione del creditore di rango successivo qualora non sia stato integralmente soddisfatto quello di grado precedente, salvo che non siano utilizzate risorse non provenienti dal patrimonio del debitore assoggettato al concorso e che costituiscano apporti “neutri” di terzi estranei. Secondo la RPR, invece, è ammissibile il pagamento di creditori di rango inferiore anche in assenza di un pagamento integrale dei creditori di rango superiore, purché a quest’ultimo sia assicurato un trattamento più favorevole.

Nell’art. 84, 6° comma, Codice della Crisi, si statuisce che il valore di liquidazione deve essere distribuito ai creditori secondo la regola di priorità assoluta, mentre il valore eccedente quello di liquidazione può essere destinato ai creditori secondo la regola di priorità relativa, con la sola eccezione per i crediti assistiti da privilegio ex art. 2751-bis, n. 1, c.c. (lavoratori subordinati, enti previdenziali ed assicurativi obbligatori), per i quali la regola della priorità assoluta va sempre rispettata.

Con la pronuncia in esame la Corte ha statuito che l’eventuale surplus finanziario determinato dai flussi di cassa derivanti dalla prosecuzione utile dell’attività d’impresa è da intendersi quale mero incremento di valore dei fattori produttivi aziendali, rientrando nell’oggetto della garanzia generica del credito prevista dall’art. 2740 cod. civ.; ne consegue che tale surplus non è liberamente distribuibile dal debitore, ma soggiace al divieto di alterazione delle cause legittime di prelazione.