NOVITA’ IN TEMA DI AMMINISTRAZIONE DI SOSTEGNO

Poniamo l’attenzione sull’interessante recente ordinanza della Corte di Cassazione n. 24878 del 17 settembre 2024, in tema di amministrazione di sostegno, che chiarisce ancora una volta la funzione di tale figura e i presupposti per poter addivenire a una nomina legittima, con particolare riferimento al rispetto dei diritti del beneficiando. 

Nel caso di specie, il figlio ricorreva al Tribunale ordinario per l’apertura di una procedura di amministrazione di sostegno a beneficio del proprio padre il quale, invece, si opponeva deducendo la sua piena integrità psico-fisica, provata con certificati medici, negando di aver posto in essere disposizioni patrimoniali inadeguate, ed evidenziando, al contrario, di essere perfettamente in grado di gestire le proprie finanze e risparmi.

Il Giudice Tutelare accoglieva il ricorso e nominava, in via provvisoria, un amministratore di sostegno per il padre del ricorrente, al fine di ricostruire il patrimonio del beneficiario e la sua modalità di gestione; in particolare, destava preoccupazione una compravendita formalizzata in termini non proficui. Tale nomina sarebbe stata a tempo determinato, senza una effettiva incidenza e compressione sulle facoltà del beneficiario.

Il beneficiario proponeva reclamo, lamentando l’arbitrarietà e la sproporzionalità del provvedimento che – a suo dire – imponeva delle misure restrittive alla capacità di agire ed alla libera determinazione di un soggetto nel pieno possesso delle proprie facoltà fisiche e psichiche che si era espressamente ed energicamente opposto alla nomina. Il beneficiario, anche in questa, sede deduceva di non essere affetto da infermità o menomazione fisica o psichica determinante l’impossibilità di provvedere ai propri interessi, e di essere per contro del tutto autonomo e consapevole nell’espletamento delle funzioni della vita quotidiana.

La Corte d’Appello, premettendo che nel giudizio il nominato amministratore è litisconsorte necessario per la salvaguardia dei diritti sostanziali e processuali del beneficiario, ha respinto il ricorso, rilevando che il giudice di prime cure ha ritenuto necessaria la nomina provvisoria di un amministratore di sostegno sia al fine di svolgere un approfondimento teso a ricostruire il patrimonio del soggetto, nonché i suoi criteri di gestione rispetto ai singoli atti posti in essere, sia allo scopo di proteggere – almeno in via contingente – la fragilità del soggetto in assenza di figure vicarianti in grado di fornirgli un adeguato supporto. 

Avverso il predetto provvedimento il beneficiario ha proposto ricorso per cassazione, lamentando la violazione o falsa applicazione dell’art. 404 c.c. e degli artt. 115 e 116 c.p.c. in relazione alla ritenuta travisata fragilità dello stesso ed all’insussistente presupposto per l’apertura dell’amministrazione di sostegno, ovvero dell’incapacità del ricorrente di provvedere ai propri interessi.

La sentenza della Corte di Cassazione, nell’accogliere il ricorso del beneficiario, ricorda che l’amministrazione di sostegno è uno strumento volto a proteggere la persona in tutto o in parte priva di autonomia, in ragione di disabilità o menomazione di qualunque tipo e gravità, senza mortificarla e senza limitarne la capacità di agire se non – e nella misura in cui – è strettamente indispensabile; la legge chiama il giudice all’impegnativo compito di adeguare la misura alla situazione concreta della persona e di variarla nel tempo, così da assicurare all’amministrato la massima tutela possibile con il minor sacrificio della sua capacità di autodeterminazione (Cass. sez. un. n. 21985/2021; Cass. n.  22602/2017; Cass. n. 11536/2017; Cass. n. 22332/2011; Cass. n. 25366/2006; Cass. n. 13584/2006; Cass. n. 17962/2015).

In sintesi, la misura si giustifica in quanto, in primo luogo, si accerti un deficit e cioè che la persona non è in grado di provvedere, da sola o eventualmente con il supporto della rete familiare, ai suoi interessi, per effetto di una infermità ovvero di una menomazione fisica o psichica (art 404 c.c.), tenendo conto, nei limiti del possibile, della volontà del beneficiario, ovvero, se deve disporsi diversamente, motivando adeguatamente sul punto.

La misura può avere finalità di mero supporto, oppure, ove il giudice tutelare ritenga di estendere al beneficiario le limitazioni e decadenze previste per l’interdetto o l’inabilitato (art. 411 c.c.) comportare il conferimento all’amministratore di specifici poteri di rappresentanza o di assistenza, analoghi rispettivamente a quelli del tutore o del curatore, e nei limiti strettamente necessari a proteggere gli interessi del beneficiario, ma non può essere essa stessa un mezzo istruttorio e di monitoraggio, poiché l’accertamento del deficit di competenze deve precedere e non seguire la misura.

Pertanto, secondo la Corte, nel caso di specie, è illegittimo il provvedimento con cui il Giudice Tutelare ha nominato al soggetto un amministratore provvisorio posto che non ha individuato esattamente quale sarebbe la condizione di menomata capacità del soggetto di provvedere ai propri interessi; nel provvedimento si parla, infatti, di condizione di fragilità senza ulteriori specifiche e approfondimenti. La misura, pertanto, non è finalizzata alla tutela del soggetto, ma quanto a verificare se effettivamente tale incapacità esista. Inoltre, non è stata tenuta in alcuna considerazione l’opposizione della persona interessata, e i documenti medici da lui prodotti.