PRIVILEGIO PROCESSUALE FONDIARIO: NOVITA’ DALLA CORTE DI CASSAZIONE

Con la sentenza n. 22914 del 19 agosto 2024, la Corte di Cassazione, prima Sezione Civile, pronunciandosi sul rinvio pregiudiziale disposto dal Tribunale di Brescia con ordinanza del 28 ottobre 2023, ai sensi dell’art. 363 bis c.p.c., prende per la prima volta posizione in merito alla facoltà per il creditore procedente di avvalersi del privilegio processuale fondiario di cui all’art. 41, comma 2 d.lgs n. 385 del 1993 sia nel caso di sottoposizione del debitore esecutato alla procedura concorsuale di liquidazione giudiziale, di cui agli artt. 121 e segg. d.lgs n. 14 del 2019, sia nel caso di sottoposizione del debitore esecutato alla procedura concorsuale di liquidazione controllata di cui agli artt. 268 e segg. del medesimo decreto.

Come noto e sia pure in estrema sintesi, le due … liquidazioni sono istituti molto affini tra loro: quella giudiziale è riservata alle imprese di maggiori dimensioni, mentre quella controllata è per le imprese minori e per i non imprenditori; molti caratteri della prima sono ricalcati … in piccolo nella seconda, ed alcune norme dell’una sono richiamate per l’altra, ed un caso è appunto quello oggetto di queste note.

La vicenda prende le mosse dall’instaurazione da parte della Società Alfa di una procedura esecutiva immobiliare, avanti il Tribunale di Brescia, in danno della debitrice Tizia in forza di un contratto di mutuo fondiario.

Successivamente all’apertura della procedura esecutiva, Tizia è ammessa alla procedura di liquidazione controllata da sovraindebitamento ex artt. 268 e segg. del d.lsg n. 14/2019 (per brevità CCII – Codice della Crisi di Impresa e dell’Insolvenza), ed richiede al Giudice dell’Esecuzione di dichiararne l’improcedibilità.

L’istanza viene respinta dal G.E. in quanto l’organo giudicante ritiene operante l’art. 41, comma 2 d.lgs n. 385/1993 (per brevità TUB – Testo Unico Bancario), che appunto consente agli Istituti di credito di agire esecutivamente nonostante l’assoggettamento a fallimento (ora liquidazione giudiziale) del debitore, disponendo la prosecuzione della procedura esecutiva.

Tizia, debitrice esecutata, propone opposizione ex art. 617 c.p.c. al provvedimento del G.E. e, nell’ambito di questo giudizio, il Tribunale di Brescia in composizione monocratica, con ordinanza del 3 ottobre 2023, rimette gli atti alla Corte di Cassazione per la risoluzione del quid iuris, ovvero se il privilegio processuale di cui all’art. 41, comma 2 TUB sia opponibile a fronte dell’apertura di una delle procedure concorsuali disciplinate dal CCII, a carico del debitore esecutato ed in particolare della liquidazione controllata di cui agli artt. 269 ss. CCII.

La questione, mai affrontata sino ad ora dalla Suprema Corte, ed assegnata alla Prima Sezione, è stata ritenuta di particolare importanza per le conseguenze che proietta sull’accertamento dei crediti, il riparto endoconcorsuale del ricavato fra i loro titolari, la disciplina dell’interferenza del privilegio processuale fondiario ex art. 41, comma 2, TUB con le nuove norme del CCII.

La Corte, dopo avere in via preliminare delimitato il perimetro di indagine del giudizio alle procedure di liquidazione giudiziale e di liquidazione controllata, facendo rimanere fuori le procedure concorsuali non liquidatorie, si è preoccupata di risolvere il quesito se il privilegio processuale fondiario sia o meno “sopravvissuto” all’entrata in vigore del CCII.

Nella previgente disciplina il fondamento giuridico della operatività di tale privilegio si rinveniva nel coordinamento fra l’art. 51 l.fall., che stabiliva il divieto di azioni esecutive e cautelari individuali “salvo diversa disposizione di legge” e l’art. 41, comma 2, TUB che precisava la possibilità per la banca di iniziare o proseguire l’azione esecutiva sui beni ipotecati a garanzia di finanziamenti fondiari anche dopo la dichiarazione di fallimento del debitore. L’art. 150 CCII sostituisce alla parola “fallimento” la locuzione “liquidazione giudiziale”, riproducendo il contenuto lessicale dell’art. 51 l.fall. confermando così il generale divieto di azioni esecutive individuali dopo l’apertura della procedura concorsuale maggiore, salvo eccezioni. L’art. 41, comma 2, TUB invece non è stato modificato e, continuando a prevedere la possibilità per il creditore fondiario di iniziare o proseguire l’azione esecutiva dopo “il fallimento” del debitore, ha suscitato inevitabili dubbi circa la sua portata applicativa.

Un orientamento dottrinale e giurisprudenziale minoritario ritiene che il privilegio processuale fondiario sia applicabile esclusivamente al fallimento e non alla liquidazione giudiziale sulla base di alcuni assunti:

1) l’art. 369 CCII, norma di coordinamento che ha apportato modifiche nel lessico ad una serie di articoli del TUB per armonizzarli con la nuova disciplina, non ha specificamente preso in considerazione l’art. 41 citato;

2) l’art. 7, comma 4, della l. delega n, 155/2017 enuncia il principio direttivo secondo il quale “La procedura di liquidazione giudiziale è potenziata attraverso l’adozione di misure dirette ad escludere l’operatività di esecuzioni speciali e di privilegi processuali, anche fondiari ed a prevedere in ogni caso, che il privilegio fondiario continui ad operare fino alla scadenza del secondo anno successivo a quello di entrata in vigore del decreto legislativo ovvero dell’ultimo dei decreti legislativi emanati in attuazione della delega”. Sulla base di tale principio, l’unica interpretazione costituzionalmente conforme dell’art. 41, comma 2, TUB  riterrebbe applicabile il privilegio fondiario alle sole procedure di fallimento in corso, con esclusione delle procedure di liquidazione giudiziale;

3) prima dell’entrata in vigore del Codice della Crisi, il sistema delle procedure concorsuali è stato oggetto di interventi legislativi diretti a potenziale l’attività di liquidazione dei beni dell’attivo, rendendola più veloce, trasparente ed efficace, incentivando la distribuzione ai creditori nell’ambito della procedura: le nuove tempistiche liquidatorie previste dal CCII renderebbero la liquidazione concorsuale estremamente vantaggiosa rispetto a quella individuale e quindi anacronistico il permanere del privilegio processuale fondiario.

La dottrina e la giurisprudenza di merito prevalenti hanno agevolmente confutato tali argomentazioni.

L’omesso richiamo nell’art. 369 CCII all’art, 41, comma 2, TUB, dato che non è stato abrogato o modificato sostanzialmente, non prova affatto che il privilegio processuale non possa più essere fatto valere dal creditore fondiario se il debitore è sottoposto a liquidazione giudiziale: molte altre disposizioni di legge non sono state modificate dall’entrata in vigore del CCII ma, pur conservando l’originario termine “il fallimento”, trovano applicazione anche nell’ambito della nuova disciplina (si pensi agli artt. 191, 2471, comma 4, 2447-novies, comma 4, c.c.). L’art, 349 CCII prevede che “nelle disposizioni normative vigenti i termini “fallimento”, “procedura fallimentare”, “fallito” nonché le espressioni dagli stessi termini derivate, devono essere sostituite, rispettivamente, con le espressioni “liquidazione giudiziale”, “procedura di liquidazione giudiziale”, “debitore assoggettato a liquidazione giudiziale” e loro derivati, con salvezza della continuità delle fattispecie”: non vi sono ragioni, pertanto, che autorizzino a ritenere che l’art. 41 TUB sfugga all’applicazione di tale regola. Il legislatore delegato, fra l’altro, ha mantenuto nell’art. 150 CCII la locuzione “salva diversa disposizione di legge”: con la reiterazione di tale clausola, il criterio direttivo dettato dalla legge delega non è stato recepito dalla legge delegata ed al mancato o parziale esercizio della delega non si può sopperire in via interpretativa. Concludendo sul punto, l’interpretazione che ammette l’operatività del privilegio fondiario anche nella liquidazione giudiziale va preferita perché conforme all’espressa previsione normativa.

Molto più complessa ed articolata è la questione concernente l’applicabilità o meno del privilegio fondiario alla liquidazione controllata ed, ovviamente, anche su questo punto si registrano opinioni dissonanti in dottrina e nella giurisprudenza di merito.

Una prima linea interpretativa estende il privilegio fondiario anche alla liquidazione controllata, muovendo tale assunto sulla base dello stretto dato normativo nel quale l’istituto, prima dell’entrata in vigore del CCII, trovava il suo omologo nella procedura di liquidazione del patrimonio regolata dalla L. n. 2/2012, agli artt. 14 ter e segg. In tale ultimo assunto veniva sancito il divieto assoluto di esercitare azioni esecutive individuali dopo l’apertura della liquidazione del patrimonio del debitore sovraindebitato, senza lasciare spazio ad alcuna eccezione; si poteva pertanto ragionevolmente ritenere che il privilegio 41 TUB non trovasse applicazione nell’ambito della procedura. Dunque, secondo tale orientamento, ci si trova difronte ad un rinvio “secco” a tutto il microsistema (regola-eccezione) dell’art. 150 CCII, per effetto del quale l’apertura della liquidazione controllata, al pari della procedura maggiore, determina “il divieto di intraprendere o proseguire azioni esecutive individuali salvo diversa disposizione di legge”. In definitiva, la clausola comporterebbe la conseguenza che anche nella liquidazione controllata, ai sensi dell’art. 150 CCII, il divieto si applica “salve diverse disposizioni di legge”.

Secondo l’orientamento contrapposto invece l’art. 270, comma 5, CCII andrebbe interpretato nel senso meno restrittivo, ritenendo che lo stesso non rinvii all’intero microsistema normativo di cui all’art. 150 CCII formato dalla regola e dall’eccezione, bensì unicamente alla regola: “dal giorno della dichiarazione di apertura della liquidazione controllata nessuna azione individuale esecutiva o cautelare (…) può essere iniziata o proseguita”. Per derogare alla regola della improcedibilità delle esecuzioni individuali, occorrerebbe che una diversa disposizione di legge fosse espressamente dettata per la liquidazione controllata, mentre l’art. 41 TUB si riferisce esplicitamente al solo “fallimento”, ovvero, nel nuovo regime, alla sola liquidazione giudiziale.

La Corte di Cassazione ha ritenuto di preferire la ricostruzione esegetica secondo la quale il privilegio fondiario di cui all’art. 41, comma 2, TUB, trova applicazione anche nella liquidazione controllata.

La Suprema Corte sostiene che l’art. 270, comma 5, CCII nel prevedere che alla liquidazione controllata si applichino l’art. 143 in quanto compatibile e gli artt. 150 e 151, operi un rinvio materiale e recettizio ad altra norma, finendo per disciplinare una determinata fattispecie richiamando le disposizioni di altro atto normativo per esigenze di sintesi: l’atto che rinvia non detta direttamente la disciplina della fattispecie ma indica in quale altra disposizione tale disciplina debba essere ricercata , appropriandosi in tal modo della disposizione di rinvio. Pertanto, nel caso de quo l’art. 270, comma 5, CCII va letto come se vi fosse trascritto l’art. 150 CCII oggetto del rinvio.

Se il richiamo all’art. 150 CCII si intende riferito anche alla clausola di riserva contenuta in tale disposizione, ovvero “salvo diversa indicazione di legge”, le specifiche deroghe normative al principio generale di iniziare o proseguire le azioni esecutive disseminate in norme speciali, tra le quali l’art. 41, comma 2, TUB, pur se facenti riferimento alla sola liquidazione giudiziale, debbano ritenersi applicabili anche alla liquidazione controllata in virtù del meccanismo dell’integrale e secco richiamo normativo contenuto nell’art. 250, comma 5, CCII all’art. 150, combinato al rinvio previsto da tale ultima norma alle singole disposizioni derogatrici.

Corrisponde al vero che l’art. 41 TUB rappresenti norma eccezionale insuscettibile di applicazione analogica: tuttavia la Suprema Corte ribadisce che la sua applicazione alla liquidazione controllata con consegue ad un procedimento di integrazione analogica, ma è il frutto di una composita operazione di rinvio normativo.

Nell’unico precedente di legittimità, scaturito dalla sentenza n. 3847/1988, in una fattispecie assimilabile a quella in esame, si discuteva dell’applicabilità del privilegio fondiario, allora previsto dall’art. 42 T.U. 646/1905, alla liquidazione coatta amministrativa, per effetto del rinvio disposto dall’art. 201 l.fall. Con la predetta sentenza la Corte ha affermato che “L’art. 51 della legge fallimentare, nell’escludere l’esperibilità dell’esecuzione individuale, fatta salva diversa disposizione di legge, inclusa quella dettata dall’art. 42, comma 2, R.d. 646/1905 sul credito fondiario, trova integrale applicazione nella liquidazione coatta amministrativa, anche con riguardo a tale eccezione, in forza del richiamo di cui al successivo art. 201 della medesima legge e, pertanto, pure sugli immobili acquisiti  a detta liquidazione, debba ritenersi consentito agli istituti di credito fondiario di promuovere e proseguire l’espropriazione individuale, in base all’ipoteca iscritta a garanzia sul mutuo”.

Confutata dalla Corte pure la tesi che assegna alla legge delega una decisiva funzione di parametro interpretativo. Secondo la giurisprudenza della Corte Costituzionale, riportata dal sostituto procuratore generale nella propria requisitoria, i principi posti dal legislatore delegante costituiscono non solo la base ed il limite delle norme delegate ma altresì strumenti per l’interpretazione della loro portata, sempre che tale operazione di raccordo coi criteri direttivi della legge delegata sia possibile e praticabile.

E’ evidente, in base a tutte le argomentazioni esposte, che l’intenzione manifestata dal legislatore delegato del 2019, in chiara contrapposizione con il criterio direttivo contenuto nella legge delega art. 7, comma 4, sia non solo quella di conservare il privilegio processuale nella liquidazione giudiziale, ma anche di estenderlo alla liquidazione controllata, così da trattare in modo analogo la liquidazione controllata e la liquidazione giudiziale, oramai avvinte da una comunanza di disciplina in relazione  alle procedure promosse dai creditori fondiari. Occorrerà stabilire, eventualmente, se la regolamentazione dettata in concreto dal legislatore delegato concretizzi una mancata attuazione della delega ovvero un contrasto della normativa delegata con i principi della legge delega.

Concludendo, la questione sollevata dall’ordinanza di rimessione, è stata risolta dalla Corte di Cassazione attraverso l’enunciazione del principio di diritto dettagliatamente riportato nel dispositivo, che prevede l’opponibilità del privilegio processuale ex art. 41, comma 2, TUB sia alla liquidazione giudiziale che a quella controllata.