LIQUIDAZIONE CONTROLLATA E LIMITE TEMPORALE APPRENSIONE QUOTE STIPENDIO
Recentemente il Tribunale di Bologna (sentenza n. 125 del 20 giugno 2024) si è espresso riguardo alla durata della procedura di liquidazione controllata, il cui termine minimo appunto, tenuto conto delle norme in tema di esdebitazione, deve farsi coincidere con quello richiesto per pronunciare l’esdebitazione nonché – in caso di richiesta di esdebitazione – un identico termine massimo.
Ne deriva che se è vero che la procedura può certamente proseguire finché tutti i beni sono liquidati, qualora il debitore ottenga l’esdebitazione, riconoscibile dopo tre anni dall’apertura della procedura, il termine stesso di tre anni costituisce anche il limite temporale massimo per l’acquisizione delle quote di stipendio percepito dal debitore stesso.
Infatti, dal momento che il Codice della Crisi non contiene indicazioni analoghe a quelle previste dalla l. 3/2012 agli artt. 14-quinquies e 14-undecies, il Tribunale ha individuato, tenuto conto delle norme previste in tema di esdebitazione del soggetto sottoposto a liquidazione controllata, tale termine minimo e – in caso di richiesta di esdebitazione – identico termine massimo, in considerazione di quanto stabilito dall’art. 21, 3° comma della Direttiva c.d. Insolvency n. 1023/2019.
Tale orientamento ha trovato conferma nella pronuncia della Corte Costituzionale del 19 gennaio 2024 n. 6, che ha affermato il parametro di riferimento deve essere appunto costituito dal soddisfacimento dei crediti concorsuali e delle spese di procedura, coerentemente con la funzione dell’istituto della liquidazione controllata, correlata alla responsabilità patrimoniale del debitore; tale parametro deve poi coordinarsi con ulteriori due istanze: “da un lato, deve raccordarsi con l’istituto dell’esdebitazione, che comporta una responsabilità patrimoniale contenuta nel tempo e, pertanto, limita l’apprensione dei beni sopravvenuti del debitore. Da un altro lato, va considerata l’esigenza di porre un limite alla durata della procedura concorsuale, che indirettamente si riverbera sulla durata del meccanismo acquisitivo, in quanto il procedimento giurisdizionale non può protrarsi per una durata irragionevole, tanto più ove si consideri che la sua apertura inibisce ogni azione individuale esecutiva o cautelare (art. 150 CCII)”.
Ed ancora, la Consulta riconosce che “l’esdebitazione pone un limite temporale massimo alla apprensione dei beni sopravvenuti del debitore, poiché incide sulle stesse ragioni creditorie, d’altro canto, in presenza di crediti concorsuali non ancora soddisfatti prima del triennio, essa finisce per operare anche quale termine minimo. Ove, infatti, per adempire ai debiti relativi ai crediti concorsuali e a quelli concernenti le spese di procedura sia necessario acquisire i beni sopravvenuti del debitore (compresi i crediti futuri o non ancora esigibili), i liquidatori – salvo che riescano a soddisfare integralmente i citati crediti tramite la vendita di beni futuri o la cessione di crediti futuri o non ancora esigibili – sono tenuti a prevedere un programma di liquidazione che sfrutti tutto il tempo antecedente alla esdebitazione e che, dunque, sia di durata non inferiore al triennio”.
Ne deriva, quindi, che se è vero che la procedura può certamente proseguire finchè tutti i beni già presenti non sono liquidati, si deve tuttavia rilevare che qualora il debitore ottenga l’esdebitazione, l’apprensione delle quote del suo stipendio non è più possibile, poiché la prosecuzione dell’attività liquidatoria è limitata, appunto, ai beni già presenti nel patrimonio del debitore in quel momento (cfr. Trib. Verona, 20 settembre 2022).