IL PESO DEL CONSENSO
L’art. 250, comma 2, c.c., in materia di riconoscimento del figlio naturale, stabilisce che “il riconoscimento del figlio che ha compiuto quattordici anni non produce effetto senza il suo assenso”.
Quando, invece, il figlio è minore di quattordici anni, è richiesto il consenso dell’altro genitoreche abbia già effettuato il riconoscimento: in questo caso, il consenso non può essere rifiutato se il riconoscimento risponde all’interesse del figlio (art. 250, commi 3 e 4, c.c.). I quattordici anni rappresentano, quindi, il momento a decorrere dal quale la legge presume che il minore abbia raggiunto una sufficiente maturità psichica ed emotiva per poter esprimere il proprio parere vincolante sul riconoscimento e, di conseguenza, sul proprio status di figlio.
Va premesso innanzitutto che il limite di età per poter esprimere l’assenso è stato abbassato da sedici a quattordici anni con l’art. 2 della l. n. 219/2012: la modifica, del resto, si inscrive nel quadro di un sempre maggiore numero di norme che riconoscono un ampio margine di autonomia e autodeterminazione al minore, relativamente alle decisioni che incidono e si ripercuotono sulla propria sfera personale. Si tratta, in effetti, di una significativa previsione normativa, coerente con i criteri di valorizzazione della personalità in formazione del minore e di rispetto della sua sensibilità. La Cassazione, inoltre, ha rilevato che, ai sensi dell’art. 104, comma 8, d.lgs n. 154/2013, l’abbassamento a quattordici anni dell’età del figlio il cui assenso costituisce elemento costitutivo di efficacia del riconoscimento, si applica anche ai figli nati e concepiti prima dell’entrata in vigore della legge n. 219/2012 (cfr. Cass. civ., 13 gennaio 2017, n. 781).
Si ricorda inoltre che il riconoscimento può essere effettuato mediante una dichiarazione da rendere innanzi all’Ufficiale di stato civile, in un atto pubblico ricevuto da un Notaio o in un testamento.
Venendo alla natura ed alla qualificazione giuridica dell’assenso del figlio ultraquattordicenne, secondo parte della dottrina, esso avrebbe natura di mera approvazione: sarebbe dunque un atto integrativo del riconoscimento per la produzione dei suoi effetti, pertanto si ritiene che, quanto alla forma dello stesso e proprio attesa la funzione di atto integrativo, debba essere espresso in una delle forme previste per quello principale (individuate dall’art. 254 c.c.).
Di diverso avviso è invece la Cassazione, la quale, con sentenza n. 781/2017, ha precisato che il figlio minore che abbia compiuto quattordici anni diviene “titolare di un autonomo potere di incidere sul diritto del genitore al riconoscimento, configurando il suo assenso quale elemento costitutivo dell’efficacia del riconoscimento”; natura costitutiva di cui, invece, è privo il consenso al riconoscimento del figlio infraquattordicenne prestato da parte del genitore che l’abbia già riconosciuto, ai sensi del comma 3 dell’art. 250 c.c., in quanto, sempre secondo la Suprema Corte, tale consenso sarebbe “condicio iuris dell’efficacia dell’atto di riconoscimento, di talché, ove tale consenso manchi la fattispecie è perfetta, ma improduttiva di effetti. Ne consegue che ove il figlio, raggiunti i quattordici anni, abbia inequivocabilmente manifestato il proprio assenso al riconoscimento da parte di uno dei genitori, il mancato consenso da parte dell’altro che l’abbia già riconosciuto non determina l’inefficacia del secondo riconoscimento” (Cass. civ., 22/07/2022, n. 22953).
A differenza di quanto previsto per l’ipotesi di mancato consenso del genitore, in caso di mancato consenso del figlio ultraquattordicenne, non è prevista una procedura giudiziaria per ottenere un provvedimento che tenga luogo del mancato consenso. L’assenso del minore costituisce, infatti, un atto negoziale personalissimo, che non può essere sindacato dal genitore in via giudiziaria.
La rilevanza del consenso del figlio è del resto evidente anche nelle ipotesi di riconoscimento giudiziale della paternità o maternità naturale, ove viene qualificato come “requisito del diritto di azione, integratore della legittimazione ad agire del genitore, sostituto processuale del figlio minorenne” e può “sopravvenire in qualsiasi momento ed è necessario e sufficiente che sussista al momento della decisione”; la sua mancanza è condizione di improseguibilità del giudizio, con la conseguenza che il giudice non potrà pronunciarsi nel merito; inoltre, alla necessaria prestazione del consenso – che non può ritenersi validamente prestato dal sedicenne fuori dal processo, né può essere desunto da fatti e comportamenti estranei ad esso, come, ad esempio, dal mero fatto di “portare” il cognome del presunto padre naturale – non osta la circostanza che il figlio abbia raggiunto, nel corso del processo, la maggiore età, sempre che detto compimento non abbia prodotto l’interruzione del processo ai sensi dell’art. 300 c.p.c., rendendo così necessaria l’integrazione del contraddittorio nei confronti dell’ex minorenne (cfr. Cass. civ. 14/05/2005, n. 10131).
In definitiva, senza l’assenso del figlio ultraquattordicenne, il riconoscimento può essere ricevuto dall’ufficiale di stato civile ma è improduttivo di effetti, e di ciò deve essere fatta menzione nell’atto stesso di riconoscimento.