CADE L’OBBLIGO DI PAGAMENTO DELL’IMPOSTA DI REGISTRO PER LE DONAZIONI INDIRETTE
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 7442 del 20 marzo 2024, ha stabilito che le donazioni informali (es. quando il genitore dà denaro al figlio) e le donazioni indirette (es. quando il genitore paga la casa al figlio) non sono soggette a imposta di donazione perché non c’è obbligo di registrazione.
La sentenza rimette in discussione quanto sostenuto dalla Circolare dell’Agenzia delle Entrate dell’11 agosto 2015 n. 30/E, secondo la quale l’imposta di donazione doveva applicarsi – genericamente – alle liberalità tra vivi (quindi tutte) che si caratterizzassero per l’assenza di un atto scritto (soggetto a registrazione).
Nel caso di specie deciso dalla Suprema Corte, lo zio (donante) aveva trasferito delle attività finanziarie (titoli e denaro) al nipote (donatario) a titolo di liberalità tramite un’operazione bancaria. Questa liberalità, emersa da un’istanza di voluntary disclosure presentata dal donante, era stata assoggettata all’imposta di donazione di cui all’art. 56 D. Lgs. 346/90 (Testo unico dell’imposta di successione e donazione), ai sensi del quale le liberalità diverse dalle donazioni emerse nel corso di un accertamento di altri tributi possono essere accertate dall’Agenzia delle Entrate, che applica l’aliquota dell’8% quando sono superati i valori delle franchigie.
I Giudici di Legittimità, partendo dalle disposizioni normative e dalla più recente giurisprudenza (cfr. Cass. nn. 6077/2023 e 9780/2023) hanno innanzitutto suddiviso le donazioni in:
- “dirette e formali”, che sorgono dalla stipula di atto pubblico;
- “informali”, che consistono nell’esecuzione di un’attività materiale, quali il trasferimento o la consegna di denaro o di strumenti finanziari;
- “indirette” (anche se formali), che derivano da un atto giuridico o da un negozio unilaterale o da un contratto e provocano lo stesso effetto delle donazioni dirette e quindi l’arricchimento del patrimonio del beneficiario ed il depauperamento del patrimonio del donante; ad esempio, l’acquisto d’un immobile con denaro corrisposto dal padre, delinea una donazione indiretta, ove è l’immobile intestato al figlio a rappresentare il bene oggetto d’una donazione indiretta, come tale soggetta a collazione ed all’azione di riduzione; per completezza, la Suprema Corte stabilisce che “si ha donazione indiretta non già del denaro, ma dell’immobile, poiché, secondo la volontà del disponente, alla quale aderisce il donatario, di quest’ultimo bene viene arricchito il patrimonio del beneficiario”. (Cass. SS.UU. n. 9282 del 5 agosto 1982).
Se ai fini civilistici la stipulazione di un atto pubblico, soggetto a registrazione, è una scelta libera dei genitori, ai fini fiscali la situazione è più complessa, poiché qualora l’importo della donazione tra coniugi o con i figli superi il milione di euro, la parte eccedente sarà sottoposta a una imposta del 4%; per le donazioni fra fratelli invece l’aliquota sale al 6% per valori superiori ai 100.000 euro, per poi arrivare all’8% sul valore totale della donazione quando avviene fra parenti entro il terzo grado o tra estranei.
A questa si aggiunge l’imposta di registro, che si versa allo Stato ogni volta che si stipula un atto scritto e lo si registra. Fino a oggi, l’Agenzia delle Entrate, appunto in forza della circolare n.30 del 2015, aveva affermato che anche le donazioni indirette prive di qualsiasi tipo di registrazione avrebbero dovuto pagare comunque l’imposta di registro.
Tutti gli atti poco sopra menzionati naturalmente costituiscono tutti manifestazione di capacità contributiva; tuttavia, per la Cassazione, vanno sottoposti ad imposta con aliquota all’8%, in presenza di una dichiarazione resa dall’interessato nell’ambito di procedimenti diretti all’accertamento dei tributi, solo se di valore superiore alle franchigie esistenti, ovvero € 1.000.000,00 per coniuge e parenti in linea retta, € 100.000,00 per fratelli e sorelle, € 1.500.000,00 per persone portatrici di handicap.
Tale sentenza supera pertanto la circolare n. 30/E dell’11 agosto 2015 dell’Agenzia delle Entrate relativamente alla parte sulla tassazione delle donazioni, definita nella pronuncia imprecisa e incompleta e pertanto non condivisibile, in quanto sembrerebbe evocare, per la Suprema Corte, un generalizzato obbligo di registrazione sia delle donazioni risultanti da atti soggetti a registrazione, sia delle liberalità derivanti da atti non soggetti a registrazione perché non formati per iscritto (ovvero le donazioni indirette o informali).
In base a questa pronuncia, pertanto, una donazione indiretta e informale non può essere soggetta ad alcuna imposta di registro, proprio perché avvenendo solo tramite un bonifico o la consegna dei denari, gli importi non sono registrati ufficialmente all’Agenzia delle Entrate.
A partire da questa sentenza, e chiaramente se la stessa non verrà superata da un orientamento contrario, quindi, a dover pagare tale imposta di registro saranno solo le donazioni avvenute tramite la redazione di un atto scritto registrato, oppure nel caso di importi superiori al milione di euro e per i rapporti tra ascendenti e discendenti diretti, da cui si dovrà detrarre anche l’apposita aliquota del 4%.