Il funzionamento della linea autoliquidante tra concordato preventivo e composizione negoziata della crisi.
La Corte di Cassazione si è recentemente espressa con la sentenza n. 28232 del 9 ottobre 2023 in tema di linee di credito cd. “autoliquidanti” nel concordato preventivo.
Con principio riferito alla previgente legge fallimentare, ma analogicamente applicabile anche nell’ambito del Codice della Crisi, con la sentenza citata la Corte ha ritenuto sussistere un collegamento negoziale e funzionale tra il contratto di anticipazione ed il mandato all’incasso con patto di compensazione; per effetto di questo collegamento, i rispettivi debiti e crediti delle parti, vale a dire il cliente e la Banca, traggono origine da un unico rapporto negoziale, con conseguente applicabilità della c.d. compensazione impropria, vale a dire quella che si verifica tra le pretese in dare e avere nell’ambito di un unico rapporto unitario intrattenuto dalle parti, come quello di conto corrente.
Nel caso affrontato dalla Suprema Corte, la Banca aveva erogato le anticipazioni alla società prima del deposito della domanda di concordato preventivo, ma aveva proceduto all’incasso delle ricevute presentate dal cliente presso i terzi dopo l’apertura della procedura concorsuale. È stato riconosciuto che la Banca aveva compiuto questa operazione in prosecuzione dell’adempimento del contratto di anticipazione, nel quale era espressamente contenuta la clausola attributiva a suo favore del diritto di incamerare le somme riscosse (cd. patto di compensazione).
La Corte è giunta a questo approdo sostanzialmente ritenendo che, da un lato, il funzionamento della linea autoliquidante, che si basa sull’anticipazione effettuata dalla Banca a fronte della cessione del credito pro solvendo del cliente, prosegue anche a seguito dell’apertura della procedura di concordato preventivo, salvo il caso di sospensione dell’art. 169 bis l.f. che disciplinava, nella previgente legge, i contratti pendenti e che oggi, con significative modifiche, si ritrova nell’art. 97 c.c.i.i.; dall’altro lato, in virtù del collegamento negoziale esistente, la Corte ha ritenuto inapplicabile la disciplina di cui agli artt. 1241 e ss. e, dunque, dell’art. 56 L. fall. (oggi identicamente riproposto nell’art. 155 c.c.i.i.), che presuppone l’autonomia dei rapporti cui si riferiscono i contrapposti crediti delle parti, attribuendo rilevanza al momento in cui i reciproci debiti e crediti delle parti vengono a coesistenza.
La sentenza della Cassazione ha preceduto una interessante ordinanza del Tribunale di Milano emessa il 1° dicembre 2023 in materia di misure protettive e cautelari nell’ambito della composizione negoziata della crisi, in un caso nel quale lo scrivente Studio patrocinava un Istituto di credito.
Infatti, posto che sia l’accesso alla composizione negoziata che al concordato preventivo non comportano di per sè lo scioglimento automatico dei contratti pendenti, la stessa problematica affrontata dalla Corte sul funzionamento delle linee autoliquidanti si è riproposto anche in sede di composizione negoziata della crisi, laddove la società aveva richiesto, nel caso in esame, appunto accedendo alla composizione negoziata, la misura della sospensione dei rimborsi in linea capitale e per interessi delle sue esposizioni derivanti dai finanziamenti a medio-lungo termine precedentemente contratti e il divieto imposto all’Istituto di credito di rifiutare unilateralmente l’adempimento dei contratti pendenti, provocarne la risoluzione, anticiparne la scadenza ovvero modificarli in danno della società che ha fatto accesso alla procedura di composizione, per il fatto del mancato pagamento di crediti anteriori.
La conferma della misura protettiva, di fatto, avrebbe avuto l’effetto di rendere inoperativo il patto di compensazione, prestando il fianco al rischio, per l’Istituto di credito, di veder sostanzialmente “cristallizzato” il debito pregresso.
Il Tribunale di Milano, seppur con ragioni giuridiche necessariamente distinte da quelle richiamate dalla Suprema Corte (in ragione della diversità degli istituti coinvolti), ma comunque ponendosi in continuità con l’orientamento di legittimità, ha confermato che, anche in caso di composizione negoziata, per tutti i rapporti in essere “sussiste ancora il sinallagma contrattuale” e, con esso, anche il patto di compensazione, ben potendo la Banca “invocare le pattuizioni contrattuali in essere, ove la parte correntista-finanziata non ottemperi alle proprie obbligazioni”, in quanto “lo strumento cautelare non può costituire il mezzo per ottenere – di fatto – una modifica delle condizioni contrattuali, ottenendo l’impresa cliente – correntista “credito-liquidità” e nel contempo non provvedendo a sanare le passiviitrà così maturande in costanza di composizione negoziata”.
Pertanto, può concludersi che tanto nel concordato preventivo, quanto nella composizione negoziata, il funzionamento della linea autoliquidante prosegue come da rapporto già in essere e pertanto l’erogazione dell’anticipazione da parte della Banca non esaurisce le obbligazioni a cui è tenuta, tra le quali rientra anche la riscossione dei crediti in virtù del patto di compensazione stipulato, ben potendo esercitare tale facoltà contrattualmente prevista anche in ipotesi di accesso del cliente a detta procedura.