L’APPALTATORE E I VIZI DELL’OPERA REALIZZATA

Con sentenza n. 31975, pubblicata in data 17 novembre 2023, la Suprema Corte ha enunciato il seguente principio di diritto: “nell’appalto, in caso di difformità e vizi dell’opera, qualora il committente esperisca i rimedi riparatori, sono a carico dell’appaltatore tutte le conseguenze dell’inesatto adempimento, per cui è tenuto a sopportare l’intero peso economico idoneo a garantire il risultato che si sarebbe ottenuto con l’esatta esecuzione del contratto”.

La vicenda prende il via da un contratto di appalto concluso per la realizzazione di un fabbricato industriale, sul quale tuttavia, una volta ultimato, veniva riscontrata la presenza di infiltrazioni tali da dover comportare il rifacimento dell’intero manto di copertura.

La committente, in forza di clausola compromissoria prevista dal contratto di appalto, adiva un collegio arbitrale domandando il risarcimento del danno per i vizi costruttivi dell’opera; il lodo tuttavia accoglieva solo parzialmente la domanda, pertanto la committente impugnava il provvedimento arbitrale per asserita violazione degli artt. 1223, 2697 e 2056 c.c., nonché per violazione degli artt. 1668 e 1669 c.c..

La committente, in altri termini, si doleva del fatto che il collegio arbitrale avrebbe dovuto accogliere la domanda di risarcimento del danno per l’intero, e non solo parzialmente, riconoscendo alla stessa il diritto a vedere eliminati tutti i vizi e difetti costruttivi a spese dell’appaltatrice. 

La Corte d’Appello rigettava la domanda così proposta, ritenendo che il lodo impugnato avesse correttamente condannato la società appaltatrice al pagamento della somma corrispondente alle spese sostenute dalla committente per la riparazione dei vizi dell’opera, già di per sé sufficienti alla eliminazione dei vizi stessi. Tale ragionamento, ha osservato Corte di merito, non era in contrasto con gli artt. 1223 e 2056 c.c. né con la disciplina sull’onere probatorio, considerato che qualsiasi ulteriore danno rispetto a quelli accertati e quantificati dal C.T.U. in seno al giudizio arbitrale avrebbe dovuto essere provato dall’appellante. Né tantomeno, ha osservato la Corte, risultavano violati gli artt. 1668 e 1669 c.c., dal momento che, quanto al primo, era stata accertata la correttezza delle spese sostenute per l’eliminazione dei vizi e, quanto al secondo, il lodo impugnato si era limitato a stabilire il risarcimento delle sole spese necessarie per l’eliminazione dei difetti dell’opera. Contro tale pronuncia la committente ha proposto ricorso per cassazione per violazione e falsa applicazione degli artt. 1223, 1668, 1669 e 2697 c.c., sostenendo l’erroneità della sentenza nella parte in cui non aveva riconosciuto il risarcimento del danno nella misura corrispondente alla situazione economica in cui la committente stessa si sarebbe trovata se il contratto fosse stato esattamente adempiuto.

La Cassazione ha accolto il ricorso, cassando la sentenza impugnata.

Richiamando la sentenza di legittimità n. 4161/2015, la Suprema Corte ha precisato che la garanzia per vizi nel contratto di appalto, ai sensi degli artt. 1668 e 1669 c.c., comporta il diritto della committente ad ottenere l’integrale risarcimento del danno, in modo tale da garantire l’effettiva corrispondenza dell’opera alla struttura e alla destinazione concordate nel contratto, ponendosi dunque a carico dell’appaltatore tutte le conseguenze dell’inesatto adempimento.

Nel caso di specie, la Corte di legittimità ha osservato come il risarcimento dei danni comminato dalla sentenza di merito si limitasse alle sole spese sopportate dalla committente per ovviare temporaneamente agli inconvenienti accertati, senza includere, come invece avrebbe dovuto a mente degli artt. 1668 e 1669 c.c., le spese relative alla eliminazione definitiva di tutti i vizi e difetti costruttivi riscontrati; l’obiettivo della garanzia prevista dalla disciplina civilistica, in effetti, è proprio quello di permettere al committente “il pieno e stabile godimento dell’oggetto del contratto di appalto e, quindi, la sua effettiva corrispondenza alla struttura e alla destinazione concordate”.

Con l’occasione, la Suprema Corte ha ricordato come il committente, che agisce nei confronti dell’appaltatore ai sensi dell’art. 1668 c.c. per il risarcimento dei danni derivanti da vizi o difformità dell’opera, non è tenuto a dimostrare la colpa dell’appaltatore in quanto, vertendosi in tema di responsabilità contrattuale, la colpa è presunta fino a prova contraria. Sarà dunque onere dell’appaltatore dimostrare, a fronte della prova da parte del committente dell’esistenza dei difetti, che l’inesatta esecuzione dell’opera sia stata determinata dall’impossibilità di un esatto adempimento del contratto di appalto per causa ad esso non imputabile.