LIQUIDAZIONE CONTROLLATA E APPLICABILITA’ DELL’ART. 41, COMMA 2 T.U.B.

Con questo articolo si vuole dar conto di una recente pronuncia del Tribunale di Brescia del 12 aprile 2023, in tema di richiesta di improcedibilità, da parte del Liquidatore di una procedura di liquidazione controllata, dell’esecuzione immobiliare promossa dal cessionario di Istituto di credito che aveva concesso un finanziamento di natura fondiaria al debitore dapprima esecutato ed in seguito assoggettato alla procedura concorsuale minore.

Due sono le questioni poste dal Tribunale bresciano, ovvero la prima se alla liquidazione controllata si applichi l’art. 41, co. 2, t.u.b., a mente del quale l’azione esecutiva sui beni ipotecati a garanzia di finanziamenti fondiari può essere iniziata o proseguita dalla banca anche dopo la dichiarazione di fallimento (ora, quindi, liquidazione giudiziale) del debitore, e, in caso positivo, se il creditore fondiario possa avvalersi del privilegio processuale, sul che anche l’Organo Giudicante non ha dubbi, giusta il richiamo contenuto nell’art. 270, co. 5, parte prima, c.c.i.i., appunto in tema di liquidazione controllata, all’art. 150 c.c.i.i., in tema di liquidazione giudiziale, a mente del quale, sì, “dal giorno della dichiarazione di apertura della liquidazione giudiziale nessuna azione individuale esecutiva o cautelare anche per crediti maturati durante la liquidazione giudiziale, può essere iniziata o proseguita sui beni compresi nella procedura”, ma “salvo diversa disposizione della legge”, il che porta il Tribunale a concludere che gli effetti della liquidazione controllata per i creditori sono senz’altro regolati  dalla disposizione a cui si fa rinvio.

Sul piano logico, il rinvio integrale all’art. 150 c.c.i.i. evoca la volontà del legislatore di applicare la stessa disciplina alle due liquidazioni circa gli effetti nei confronti dei creditori; diversamente, si sarebbe prevista per la liquidazione controllata una disciplina apposita o se ne sarebbe circoscritto l’ambito oggettivo del rinvio.

La circostanza per cui a sua volta l’art. 150 c.c.i.i. rinvia (genericamente) ad altre (eventuali) disposizioni di legge per individuare le fattispecie sottratte al divieto porta alla medesima conclusione, essendo appunto l’art. 41, co. 2, parte prima, t.u.b. una “diversa disposizione della legge”.

Per rendere applicabile quest’ultimo alla liquidazione controllata, dunque, non era necessario per il legislatore intervenire sulla disposizione, esplicitamente giustapponendo questa procedura al fallimento (e alla liquidazione giudiziale ex art. 349 c.c.i.i.), perché l’adeguamento della norma, con conseguente applicazione diretta alla liquidazione controllata, altro non è che l’effetto automatico del meccanismo del rinvio all’art. 150 c.c.i.i. che a sua volta rinvia, con la clausola di riserva, all’art. 41, co. 2, parte prima, t.u.b.

Il rilievo lascia intendere la volontà del legislatore di uniformare in merito il regime delle procedure liquidatorie.

Vieppiù l’art. 7, co. 4, lett. a), l. 19 ottobre 2017 n. 155, recante la delega al Governo per la riforma delle procedure di insolvenza, prevede tra i princìpi e i criteri direttivi che “la procedura di liquidazione giudiziale è potenziata mediante l’adozione di misure dirette a […] escludere l’operatività di esecuzioni speciali e di privilegi processuali, anche fondiari; prevedere, in ogni caso, che il privilegio fondiario continui ad operare sino alla scadenza del secondo anno successivo a quello di entrata in vigore del decreto legislativo ovvero dell’ultimo dei decreti legislativi emanati in attuazione della delega di cui all’articolo”.

La collocazione del principio o criterio direttivo nell’ambito della liquidazione giudiziale appare naturale, visto che le deroghe al divieto di iniziare o proseguire l’azione esecutiva erano previste per il solo fallimento, di cui la liquidazione giudiziale ne è continuità.

Ciò che rileva è che l’applicazione dell’art. 150 c.c.i.i. alla liquidazione controllata non sia impedita da altri princìpi o criteri direttivi; anzi, atteso che la disciplina della liquidazione controllata è integrata diffusamente dalle disposizioni inerenti alla liquidazione giudiziale (artt. 270, co. 1, parte terza, 270, co. 5, parte prima, 272, co. 2, parte seconda, 275, co. 2, parte seconda, 276, co. 1, parte seconda, c.c.i.i.), si può ravvisare una tendenziale assimilazione della prima alla disciplina della liquidazione giudiziale, tanto è vero molti ritengono che “la liquidazione controllata […] segue un tracciato semplificato” della liquidazione giudiziale.

La seconda questione posta all’esame del Tribunale bresciano è stata viceversa sciolta in senso negativo, attesa la natura processuale del privilegio ex art. 41, co. 2, t.u.b..

Mentre il privilegio sostanziale inerisce al credito (artt. 1263, co. 1, 2745 c.c.), quello processuale inerisce al soggetto titolare; detto altrimenti, si traduce in un beneficio del soggetto (il diritto di iniziare o proseguire l’azione esecutiva, ma anche il diritto di ottenere il versamento diretto del ricavato della vendita o dell’assegnazione ex art. 41, co. 4, t.u.b.) e non in una qualità del credito.

Il privilegio è tale perché compete a soggetti qualificati e non a chiunque: l’art. 41, c. 2, t.u.b. attribuisce il privilegio di cui si tratta alla banca che ha concesso il finanziamento fondiario (art. 38, co. 1, t.u.b.).

L’art. 58 t.u.b. attribuisce il privilegio anche al cessionario, laddove, al comma terzo, parte seconda, fa salve le discipline speciali anche di carattere processuale previste per i crediti ceduti; tuttavia, il referente soggettivo non è qualunque cessionario.

La cessione del credito fondiario deve essere intervenuta a favore di Banche (art. 58, co. 1, parte prima, t.u.b.), di soggetti, diversi dalle banche, inclusi nell’ambito della vigilanza consolidata della Banca d’Italia ai sensi degli artt. 65, 109 t.u.b. (art. 58, u.c., t.u.b.), di intermediari finanziari di cui all’art. 107 t.u.b. (art. 58, u.c., t.u.b.), di soggetti qualificati agli effetti della legge sulla cartolarizzazione dei crediti (art. 4, co. 1, parte prima, l. 30 aprile 1999, n. 130).

La conclusione per cui soltanto soggetti qualificati possano avvalersi dei privilegi processuali (nella specie in materia bancaria) trova riscontro in giurisprudenza (cfr. Cass. civ., sez. I^, ord. 3 dicembre 2019, n. 31577, circa l’applicabilità dell’art. 50 t.u.b. al cessionario, diverso da una banca; in argomento, Trib. Firenze, sez. III^, ord. 1° marzo 2018) e nel caso in esame, al cessionario non essendo una banca, né un soggetto altrimenti qualificato nell’ambito di un’operazione di cartolarizzazione è stato impedito di proseguire nel procedimento esecutivo, dichiarandolo improcedibile nei suoi confronti.