IL RAPPORTO TRA L’ISTITUTO DELLA SOSPENSIONE NECESSARIA AI SENSI DELL’ART. 295 C.P.C. E LA SUA DURATA IN RELAZIONE ALLA DEFINIZIONE DEL PROCESSO PREGIUDICANTE CON SENTENZA NON ANCORA PASSATA IN GIUDICATO: CASS. SS.UU. N. 21763 DEL 29 LUGLIO 2021

Con la pronuncia in epigrafe, la Suprema Corte ha statuito che “salvo i casi in cui la sospensione del giudizio sulla causa pregiudicata sia imposta da una disposizione normativa specifica, che richieda di attendere la pronuncia con efficacia di giudicato sulla causa pregiudicante, quando tra due giudizi esista un rapporto di pregiudizialità tecnica e quello pregiudicante sia stato definito con sentenza non passata in giudicato, la sospensione del giudizio pregiudicato non può ritenersi obbligatoria ai sensi dell’art. 295 c.p.c. (e, se sia stata disposta, è possibile proporre subito istanza di prosecuzione in virtù dell’art. 297 c.p.c., il cui conseguente provvedimento giudiziale è assoggettabile a regolamento necessario di competenza), ma può essere adottata in via facoltativa, ai sensi dell’art. 337, comma 2, c.p.c., applicandosi nel caso del sopravvenuto verificarsi di un conflitto tra giudicati il disposto dell’art. 336, comma 2, c.p.c.”.

Questa la vicenda: in un primo giudizio Tizio, proprietario di un immobile ad uso commerciale, conveniva in giudizio Caio, proprietario del lastrico sovrastante, al fine di ottenere il risarcimento dei danni patiti a seguito del cedimento del lastrico stesso; venivano chiamati in garanzia il progettista e direttore dei lavori, nonché la compagnia assicuratrice per la responsabilità civile del professionista.

Il Tribunale dichiarava quindi la responsabilità solidale del proprietario del lastrico e del direttore dei lavori, condannando quest’ultimo a manlevare il committente ed escludendo la copertura assicurativa del professionista da parte della compagnia assicuratrice, statuizione quest’ultima oggetto di appello.

In un secondo giudizio, invece, Tizio notificava a Sempronia, conduttrice del medesimo immobile, atto di intimazione di sfratto per morosità; Sempronia, costituendosi in giudizio, chiedeva autorizzarsi la chiamata in causa di Caio, proprietario del lastrico solare il cui cedimento aveva motivato il mancato pagamento dei canoni di locazione, chiedeva altresì di essere autorizzata a rilasciare l’immobile per evitare che maturassero ulteriori canoni, e in via riconvenzionale, chiedeva dichiarare risolto il contratto di locazione per grave inadempimento del locatore e condannare il proprietario dell’immobile locato e quello del lastrico sovrastante, in solido tra loro, al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti.

Il Giudice autorizzava la chiamata in causa di Caio, del progettista e del direttore dei lavori, nonché della compagnia assicuratrice del professionista, che adduceva l’inoperatività della garanzia assicurativa.

Caio chiedeva la riunione del giudizio con il procedimento riguardante le richieste risarcitorie avanzate da Tizio nei suoi confronti ed il Giudice, ai sensi dell’articolo 295 c.p.c., ritenuta la pregiudizialità dei due giudizi, sospendeva il procedimento pregiudicato avente ad oggetto l’intimazione di sfratto per morosità.

Sempronia proponeva istanza di riassunzione, ma il Tribunale confermava l’ordinanza di sospensione già resa.

Successivamente, Sempronia reiterava l’istanza di prosecuzione del giudizio sospeso, motivata sulla circostanza che l’appello nel giudizio pregiudiziale era stato proposto nei confronti di tutte le parti, tranne che avverso i proprietari danneggiati, opposti nel giudizio pregiudicato, circostanza dalla quale poteva presumersi “che l’impugnazione fosse stata proposta per motivi estranei all’oggetto del giudizio sospeso”, “il che avrebbe fatto venir meno i presupposti della sospensione”.

L’appello proposto, infatti, verteva unicamente sull’operatività della polizza assicurativa.

Il Tribunale, però, rigettava l’istanza sul presupposto che non fosse venuta meno la situazione pregiudiziale sottesa all’adozione del provvedimento di sospensione ex art. 295 c.p.c., ovvero che non si fosse verificato il passaggio in giudicato della sentenza relativa ai giudizi riuniti pregiudicanti che avrebbe dovuto riguardare tutte le parti coinvolte nel giudizio, evidenziandosi, altresì, che non appariva pertinente il richiamo all’art. 337 c.p.c., poiché la sentenza di primo grado (nel giudizio pregiudicante) era intervenuta precedentemente al provvedimento di sospensione (essendo stata emanata nelle more).

Avverso quest’ultimo provvedimento Sempronia proponeva regolamento di competenza avanti alla Corte di Cassazione, nella parte in cui aveva escluso l’intervenuta cessazione del nesso di pregiudizialità che aveva giustificato la rilevata sussistenza dei presupposti per il mantenimento della sospensione del giudizio ex art. 295 c.p.c. (respingendo, perciò, l’istanza formulata ai sensi dell’art. 297 c.p.c.), lamentando la violazione delle norme in tema di sospensione necessaria ai sensi del citato art. 295 c.p.c., atteso che il Tribunale, nel rigettare l’istanza di prosecuzione del processo, non avrebbe tenuto conto dell’orientamento delle Sezioni Unite espresso con la sentenza 19 giugno 2012 n. 10027 in base al quale, quando tra due giudizi sussiste un rapporto di pregiudizialità e il giudizio pregiudicante viene definito con sentenza non passata in giudicato, la sospensione è possibile soltanto ai sensi dell’art. 337, comma 2 c.p.c., ricavandosi tale regola in base ad un’interpretazione sistematica dell’art. 282 c.p.c., con la conseguenza che l’art. 295 c.p.c. si applica “al solo spazio temporale delimitato dalla contemporanea pendenza dei due giudizi di primo grado, senza che il pregiudicante sia stato ancora deciso”.

Premessa l’ammissibilità del rimedio del regolamento di competenza, la Sezione rimettente della Corte di Cassazione rilevava che “il nucleo della questione” riguardava il rapporto tra la sospensione necessaria e la sospensione facoltativa nel senso che “la sospensione necessaria verrebbe meno, per dar luogo a un’eventuale sospensione facoltativa, qualora sia sopravvenuta nella causa pregiudicante una sentenza non ancora passata in giudicato”.

Già con la sentenza, pure a Sezioni Unite, n. 10027/2012, la Corte di Cassazione aveva ritenuto che nell’ipotesi di un nesso di pregiudizialità c.d. tecnica, il giudice della causa dipendente dovesse applicare l’art. 295 c.p.c. sino a quando la causa pregiudicante pende in primo grado e così disporre necessariamente la sospensione del processo innanzi a lui. La sospensione della causa pregiudicata, però, non durerà per forza sino al passaggio in giudicato della sentenza resa sulla lite pregiudicante.

Il ragionamento prendeva le mosse anzitutto dal dato della provvisoria esecutività della sentenza di primo grado e, dall’altro, dal correlato progressivo restringersi degli elementi di novità suscettibili di essere introdotti nel giudizio di impugnazione che consente di ritenere che “l’ordinamento preferisca all’attesa del giudicato la possibilità che il processo dipendente riprenda assumendo a suo fondamento la decisione, ancorché suscettibile di impugnazione, che si è avuta sulla causa pregiudicante, perché, essendo il risultato di un accertamento in contraddittorio e provenendo dal giudice, giustifica la presunzione di conformità al diritto”.

Il problema del (potenziale) conflitto di giudicati si trasformerebbe quindi in una scelta delle parti che, concordando tra loro l’attesa, potrebbero relegare la valutazione affidata al giudice ex art. 337 c.p.c., comma 2, ad una mera eventualità, in quanto condizionata al presupposto costituito dalla scelta di riassunzione.

Inoltre, come pure rilevato dalla Suprema Corte, la durata della sospensione necessaria sino al passaggio in giudicato della sentenza della causa pregiudicante non è imposta dall’art. 297 c.p.c., perché, se è vero che fa riferimento alla sentenza passata in giudicato, esso – da un punto di vista sistematico – non è inteso ad individuare il termine di durata della sospensione, bensì solo quello a decorrere dal quale va proposta l’istanza per la prosecuzione del processo dipendente.

Si restringe quindi l’ambito di operatività dell’istituto della sospensione necessaria consentendo alle parti, una volta decisa con sentenza poi oggetto di impugnazione la causa pregiudicante, di instare per la prosecuzione del processo sospeso rimettendo ad una nuova valutazione del giudice il permanere delle esigenze di sospensione della causa pregiudicata, secondo il disposto del secondo comma, dell’art. 337, comma 2 c.p.c.; giudice che, quindi, potrà decidere di proseguire il processo, conformandosi al contenuto della decisione assunta nella causa pregiudicante (anche se non ancora passata in giudicato), oppure potrà sospenderlo nuovamente se ritiene verosimile che l’esito finale della lite potrà essere, nel prosieguo di quel giudizio, mutato, allo scopo di preservare l’uniformità del giudicato.