LA LIQUIDAZIONE CONTROLLATA E L’INTERVENTO DEL LIQUIDATORE NELLE PROCEDURE ESECUTIVE INDIVIDUALI PENDENTI: LUCI ED OMBRE DELLA NUOVA NORMATIVA

Con particolare riferimento all’operatività del principio dell’automatic stay of executions  nella nuova procedura di liquidazione controllata di cui agli artt. 260 e ss. del nuovo Codice della Crisi d’impresa (CCII per brevità), il provvedimento del Giudice Delegato del Tribunale di Modena del 3 marzo 2023, (la trattazione dei cui temi, con il presente scritto, non sarà di certo esaustiva) indaga le ragioni alla base del potere, in capo al liquidatore giudiziario nominato ai sensi dell’art. 270 del comma 2, lettera b), seconda parte, CCII, di intervenire nelle procedure esecutive pendenti incardinate nei confronti dei soggetti ammessi alla liquidazione controllata, su autorizzazione del Giudice Delegato stesso, per provocarne l’improcedibilità.

La questione in particolare sorge con riguardo all’estensibilità dell’art. 216, comma 10, CCII (che mutua integralmente il disposto dell’ex art. 107, comma 6, l.f.), alla procedura di liquidazione controllata non essendovi – allo stato – alcun riferimento esplicito al riguardo.

E’ doveroso fare un breve cenno preliminare – per i più forse scontato – allo spiritoche ha mosso il legislatore del nuovo codice della crisi nella regolamentazione dei rapporti tra le nuove procedure esdebitatorie (con particolare riferimento in questo caso alla liquidazione controllata) e le procedure esecutive individuali, che oltre ad essere informato alla par condicio creditorum, è altresì stimolato dall’ulteriore obiettivo di provocare l’esdebitazione del debitore.

In altre parole, non può ritenersi che il legislatore abbia inteso escludere, tra i poteri in capo al liquidatore, quello di promuovere – e perciò ottenere – l’inibitoria delle procedure esecutive individuali pendenti sul debitore che ha avuto accesso alla liquidazione controllata del proprio patrimonio.

Invero nel provvedimento in esame, il Giudice Delegato, dopo aver previamente accordato il potere d’intervento al liquidatore istante nelle procedure esecutive pendenti in capo al debitore esdebitando, dimette ed articola alcuni principi estratti dalla lettera della norma, (in aggiunta ai principi sopra ricordati) che di seguito integralmente si riportano:

“- l’art. 270, comma 5, CCII richiama l’applicazione dell’art. 150 CCII, secondo cui, salve le eccezioni di legge, le procedure esecutive individuali su beni della procedura non possono essere proseguite;

– l’art. 275, comma 2, CCII richiama (seppur solo ai fini delle “vendite”) le disposizioni previste nella liquidazione giudiziale, e quindi, di fatto, l’art. 216 CCII;

– l’art. 272, comma 2, CCII, che disciplina il programma di liquidazione controllata, richiama l’art. 213, comma 3, CCII, che facoltizza il Curatore al “subentro nelle liti pendenti” che vedano quale parte il liquidato giudiziale;

– l’art. 274, comma 1, CCII prevede che il Liquidatore possa “proseguire” ogni azione prevista dalla legge finalizzata a conseguire a la disponibilità di beni del debitore (pur dovendosi osservare come la dizione possa attagliarsi ad una esecuzione subita dal debitore stesso solo con un certo sforzo interpretativo).”

Risulta pertanto pacificamente ammesso l’intervento del liquidatore nelle procedure esecutive individuali.

Ma vi è di più; il richiamo all’art. 216 CCII – operato dal legislatore al secondo comma, secondo capoverso, dell’art. 275 CCII, per cui alla liquidazione dei beni ricompresi nell’attivo della liquidazione controllata “si applicano le disposizioni sulle vendite nella liquidazione giudiziale, in quanto compatibili”) ed in particolare, per quanto rileva in questa sede, del relativo comma 10 (corrispondente all’art. 107, comma sesto, l.f.) a mente del quale se alla data di apertura della liquidazione sono pendenti procedure esecutive, il curatore può subentrarvi, con l’avvertenza che, in difetto, su istanza del curatore, il giudice dell’esecuzione dichiara l’improcedibilità dell’esecuzione, fermi restando gli effetti conservativi sostanziali del pignoramento in favore dei creditori, rende la questione pacifica e consente di affermare che, se da un lato vi è la facoltà per il liquidatore di subentrare nelle procedure esecutive pendenti, dall’altro, il mancato subentro determina, automaticamente, salvo che non si tratti di esecuzione iniziata da un creditore fondiario (di cui si dirà dopo) la definitiva improseguibilità della procedura esecutiva.

In altre parole, al mancato subentro del liquidatore nella procedura esecutiva pendente, parrebbe conseguire l’automatica declaratoria di improcedibilità della stessa. E questo un punto.

Breve cenno merita poi il tema delle peculiarità che coinvolgono il trattamento procedurale del credito fondiario, che ha generato non pochi contrasti.

Non manca infatti chi, facendo salve specifiche disposizioni di legge (l’art. 150 CCII prevede l’improseguibilità delle procedure, salvo diversa disposizione della legge) conclude per espungere dal perimetro dell’improseguibilità, le esecuzioni per credito fondiario, che pertanto potranno proseguire. In relazione alle stesse infatti, chi propende per tale interpretazione, afferma che il rinvio contenuto nell’art. 270 comma 5, all’art. 150 CCII, consentirebbe di ritenere che il creditore fondiario possa proseguire l’esecuzione anche in pendenza di una procedura di liquidazione controllata del patrimonio (Cfr. D’ARRIGO, Il trattamento del credito fondiario nel nuovo codice della crisi d’impresa, in www.inexecutivis.it 19 ottobre 2020).

Invero di diverso avviso il Giudice Delegato di Modena nel procedimento de quo che, dando rilievo alla funzione “esdebitativa” della procedura liquidatoria, esclude l’applicazione analogica dell’art. 150 CCII alla disciplina in esame, alla luce non solo del mancato richiamo specifico da parte della norma, all’art. 41 T.U.B., ma altresì della necessità di prediligere una lettura armonica della normativa in esame con la “Legge Delega” della riforma e segnatamente “dell’art. 7, comma 4, l. 155/2017, (che ) infatti, prevedeva che “La procedura di liquidazione giudiziale è potenziata mediante l’adozione di misure dirette a: a) escludere l’operatività di esecuzioni speciali e di privilegi processuali, anche fondiari”; ora, in disparte l’avvenuto esercizio o meno della delega sul punto con riferimento alla liquidazione giudiziale (cfr. nota a pie’ di pagina), un’interpretazione sistematica che preveda l’estensione del privilegio fondiario a casi precedentemente non previsti (i.e. il privilegio fondiario nella liquidazione del debitore civile), costituirebbe diretta, e inaccettabile, violazione dei principi della delega.”.

Fermo restando dunque quanto sinora evidenziato, non resterebbe che comprendere quali saranno gli effetti che il provvedimento di autorizzazione in favore del liquidatore, spiegherà nella procedura esecutiva pendente, dovendosi da un lato ribadire che, propendendo per l’automaticità definitiva dell’improseguibilità della procedura esecutiva, non si potrebbe non affermare l’immediata sospensione automatica della procedura stessa che si verificherebbe con la dichiarazione di apertura della liquidazione giudiziale ed a prescindere dunque dal deposito nel fascicolo della procedura esecutiva del provvedimento del Giudice delegato.

Realisticamente tuttavia – e vista l’autonomia dei due procedimenti – sarà utile per il liquidatore depositare il provvedimento di autorizzazione reso nell’ambito della procedura di liquidazione controllata nel fascicolo della procedura esecutiva ed attenderne il recepimento da parte del GE; sul punto non resta che attendere il formarsi di una prassi.