AZIONE DI RESPONSABILITÀ DEGLI AMMINISTRATORI ESPERITA DAI CREDITORI: LA PRESCRIZIONE

Come noto l’art. 2949 c.c. prevede, al primo comma, che i diritti che derivano dai rapporti sociali si prescrivono nel termine di cinque anni: al secondo comma, l’articolo in commento prevede che allo stesso termine quinquennale è soggetta l’azione di responsabilità spettante ai creditori sociali verso gli amministratori.

La distinzione tra i due commi dell’art. 2949 c.c. non si incunea nel termine di prescrizione che, in effetti, è pur sempre quinquennale, bensì dal momento di decorrenza del medesimo.

Rimanendo nell’ambito delle azioni di responsabilità degli amministratori, la disposizione di cui al primo comma disciplina la c.d. azione sociale di responsabilità: in tal caso, tale norma, letta in raccordo con quanto dispone l’art. 2941, primo comma, n. 7 c.c., fa decorrere il termine di prescrizione dalla data di cessazione dalla carica di amministratore.

Diversamente da ciò, per giurisprudenza consolidata, il termine di prescrizione di cui al secondo comma dell’art. 2949 c.c., quindi con riferimento all’azione di responsabilità esperita dai creditori sociali, decorre non dal momento in cui l’atto dannoso è stato posto in essere, ma dal momento, normalmente successivo, in cui i creditori hanno potuto avere contezza del danno cagionato dalla mala gestio.

In tali termini si è espresso il Tribunale di Bologna con pronuncia del 1° giugno 2020, come anche la Suprema Corte con pronuncia del 3 marzo 2021, n. 5795.

In tale filone si innesta, in continuità, la recentissima pronuncia della Corte di Cassazione n. 3552 del 6 febbraio 2023, la quale suscita interesse in ordine alla sussistenza di una presunzione circa la percepibilità del danno subito dai creditori sociali che coincide con il momento della dichiarazione di fallimento (ovvero dell’apertura della procedura di liquidazione giudiziale): in tali termini, è onere dell’amministratore provare eventualmente l’anteriorità della decorrenza del termine di prescrizione, vale a dire l’eventuale precedente momento di incapienza patrimoniale. La Suprema Corte ha in effetti stabilito che “l’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori ex art. 2394 c.c., esercitata dal curatore fallimentare a norma dell’art. 146 l. fall., è soggetta a prescrizione quinquennale che decorre dal momento dell’oggettiva percepibilità, da parte dei creditori, dell’insufficienza dell’attivo a soddisfare i debiti; pertanto, in ragione dell’onerosità della prova gravante sul curatore, sussiste una presunzione “iuris tantum” di coincidenza tra il “dies a quo” di decorrenza della prescrizione e la dichiarazione di fallimento, ricadendo sull’amministratore la prova contraria della diversa data, anteriore, di insorgenza e percepibilità dello stato di incapienza patrimoniale, con la deduzione di fatti sintomatici di assoluta evidenza, la cui valutazione spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità, se non nei limiti di cui all’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c.”.