LA FATTURA ELETTRONICA COME PROVA SCRITTA IDONEA PER OTTENERE UN DECRETO INGIUNTIVO

Appare utile analizzare come l’avvento della fatturazione elettronica abbia avuto dei significativi risvolti anche nel panorama giurisdizionale, ovvero ed in particolare con riferimento alle condizioni di ammissibilità del procedimento di ingiunzione.

Come noto, secondo il Codice di Procedura Civile, agli artt. 633 e ss., per ottenere da parte dell’Autorità giudiziaria un decreto ingiuntivo che consenta di recuperare un credito, quest’ultimo dev’essere certo, liquido ed esigibile, nonché fondato su prova scritta (ai sensi dell’art. 634 c.p.c.); in particolare, l’art. 634, co. 2 c.p.c. prevede che “per i crediti relativi a somministrazioni di merci e di danaro nonché per prestazioni di servizi fatte da imprenditori che esercitano una attività commerciale e da lavoratori autonomi anche a persone che non esercitano tale attività, sono altresì prove scritte idonee gli estratti autentici delle scritture contabili di cui agli articoli 2214 e seguenti del codice civile, purché bollate e vidimate nelle forme di legge e regolarmente tenute, nonché gli estratti autentici delle scritture contabili prescritte dalle leggi tributarie, quando siano tenute con l’osservanza delle norme stabilite per tali scritture”.

Quindi da sempre, ed in particolare quando le fatture venivano emesse in forma cartacea, si è richiesto per l’emissione del decreto ingiuntivo il deposito dell’estratto notarile autentico delle scritture contabili in cui le fatture stesse erano annotate, per verificare la conformità dei documenti prodotti agli originali, così come appunto previsto all’art.2214 c.c..

L’avvento della fatturazione elettronica ha indubbiamente inciso, soprattutto a livello pratico, sull’attività imprenditoriale, creando un sistema digitale di scambio di documenti commerciali, consentendo la trasmissione di dati elettronici tra aziende e professionisti, eliminando la necessità di un’elaborazione manuale, riducendo – tra l’altro – i costi associati alla produzione e alla distribuzione di fatture cartacee e fornendo transazioni prive di errori.

Tale novità ha quindi portato i giuristi a interrogarsi sull’opportunità di continuare a produrre gli estratti autentici delle scritture contabili, di cui all’art. 634, co. 2 c.p.c., qualora venga instaurato un procedimento monitorio da parte dei soggetti ivi indicati, proprio in ragione delle caratteristiche proprie della fattura elettronica.

La fattura elettronica è stata introdotta in Italia sin dalla legge finanziaria 2008 su impulso dell’Unione Europea, ma è diventata realtà soltanto a piccoli passi: è infatti obbligatoria verso la Pubblica Amministrazione dal 2014, e dal 2018 tra privati.

Con il Decreto-legge n. 36/2022, l’obbligo di fatturazione elettronica è stato esteso dal 1° luglio 2002 anche ai contribuenti forfettari che, nell’anno precedente, abbiano superato la soglia di 25.000 € di compensi, e dal 1° gennaio 2024 sarà obbligatoria per tutti i forfettari, indipendentemente dal compenso annuo percepito.

Con Provvedimento n. 89757/2018 l’Agenzia delle Entrate ha fornito dettagliate indicazioni in merito al funzionamento e alle caratteristiche tecniche del Sistema di Interscambio (SDI), che gestisce la fatturazione elettronica, precisando innanzitutto che fattura elettronica è un file in formato XML non contenente macro istruzioni o codici eseguibili tali da attivare funzionalità che possano modificare gli atti, i fatti o i dati nello stesso rappresentati, conforme alle specifiche tecniche di cui all’allegato A del presente provvedimento; inoltre “Nel caso in cui il file della fattura sia firmato elettronicamente, il SdI effettua un controllo sulla validità del certificato di firma. In caso di esito negativo del controllo, il file viene scartato e viene inviata la ricevuta di cui al punto 2.4 (cd. ricevuta di scarto)”.

Ancora, rispetto alle caratteristiche intrinseche della fattura elettronica, deve evidenziarsi che l’art. 1, comma 1, lettera 1), quinquies (titolato: “Definizioni”) del D.lgs. n.82/2005, così come aggiornato e recante “Codice dell’Amministrazione Digitale” (CAD), stabilisce, testualmente, che: “1. Ai fini del presente codice si intende per […] i–quinquies) duplicato informatico: il documento informatico ottenuto mediante la memorizzazione, sullo stesso dispositivo o su dispositivi diversi, della medesima sequenza di valori binari del documento originario”; pertanto, il SDI genera documenti informatici autentici ed immodificabili, che non sono semplici “copie informatiche di documenti informatici” bensì “duplicati informatici”, assolutamente indistinguibili dai loro originali, potendo essere scaricati da “fonte / terzo qualificato”, come l’Agenzia delle Entrate.

Proprio in considerazione delle già menzionate caratteristiche tecniche, l’art. 1, co. 3 ter del D.lgs. n. 127/2015 prevede che i soggetti obbligati ad emettere in via esclusiva fatture elettroniche trasmesse mediante lo SDI siano esonerati dall’obbligo di annotazione nei registri contabili di cui agli art. 23 e 25 del D.P.R. n. 633/1972; dunque ciò induce a ritenere logico che, per tali soggetti, sia venuto meno anche l’obbligo di tenere questi registri, che servirebbero soltanto per essere utilizzati come prova scritta del credito in base al disposto dell’art. 634, co. 2 c.p.c. in un eventuale ricorso monitorio.

Diversi Tribunale si sono già pronunciati nel senso di ritenere la fattura elettronica equipollente all’estratto autentico delle scritture contabili previsto dall’art. 634 co. 2 c.p.c., aprendo così la strada al deposito di ricorsi per ingiunzione di pagamento senza dover preventivamente richiedere l’estratto autentico notarile delle scritture contabili, evitando anche all’imprenditore di sostenere il relativo costo (sul punto si vedano – ex multis – i precedenti del Tribunale di Cuneo, decreto ingiuntivo in data 14 aprile 2021, in Dejure.it; Tribunale di Verona, decreto ingiuntivo in data 29 novembre 2021, in IlCaso.it). 

In questi casi, quindi, sarebbe sufficiente allegare al ricorso per ingiunzione il file “.xml” della fattura elettronica, unitamente alla copia di cortesia delle stesse fatture; prudenzialmente potrebbe essere utile allegare anche tutte le comunicazioni ricevute a mezzo p.e.c. dallo SDI, attestanti l’invio e la consegna della fattura elettronica al destinatario.

Per l’Avvocato è quindi sufficiente caricare nella busta telematica del deposito direttamente i file “.xml” oppure, se numerosi, creare un file zip dei medesimi.

È doveroso precisare, tuttavia, come non tutti i Fori si siano adeguati al recente orientamento giurisprudenziale; ad esempio si riporta una pronuncia (seppur non recentissima) del Tribunale di Vicenza del 25 ottobre 2019 (in Dejure.it) con il quale il Giudice del procedimento monitorio, a fronte dell’allegazione delle sole fatture elettroniche, richiedeva al ricorrente un’integrazione documentale, ovvero il deposito degli estratti autentici notarili; riteneva lì il Giudicante che “l’estratto autentico notarile svolge dunque non solo e non tanto la funzione di attestazione della copia della fattura all’originale, quanto, per l’appunto, quella di verifica della regolarità dei registri o delle scritture” mentre – a suo dire – l’entrata in vigore del Sistema di Intercambio garantisce “esclusivamente l’autenticità delle fatture (dal momento che esse, generate e trasmesse con estensione “.xml”, costituiscono un duplicato informatico secondo la definizione di cui all’art. 1, c. 1, lett. i quinques D.Lgs. 82/2005), ma non anche la regolare tenuta dei registri in cui esse devono essere inserite”.

Per il momento, in tutti i casi, questa corrente appare minoritaria; a Bologna, per esempio, questo Studio non ha ancora visto l’emissione di un decreto ingiuntivo sulla base esclusivamente di fatture elettroniche:  pur avendone già depositati sia in Tribunale che avanti al Giudice di Pace, senza allegare gli estratti autentici delle scritture contabili, il Giudice ha sempre emesso i relativi decreti ingiuntivi, ritenendo sussistere le condizioni previste dall’art. 633 e seguenti c.p.c., ma è vero anche che vi erano tra le produzioni anche dei riconoscimenti di debito oppure promesse di pagamento, pure idonee come prova scritta ai sensi dell’art. 633 c.p.c..

Ad ogni modo, al di là dei possibili diversi orientamenti e decisioni dei Giudici italiani, è indubbio che c’è stata un’apertura nel far rientrare la fattura elettronica nel novero delle prove scritte ex art. 634 c.p.c., ai fini dell’emissione del decreto ingiuntivo.

Non resta che verificare come si orientano e si orienteranno i Giudici dei singoli Fori.