LA STRAORDINARIA SCOMPARSA DEI POTERI AUTORIZZATIVI DEL GIUDICE TUTELARE

Nel campo della volontaria giurisdizione la riforma Cartabia (D.Lgs. 149/2022) introduce importanti novità per le misure di protezione, con particolare riferimento alle autorizzazioni del Giudice Tutelare e del Tribunale al compimento d’atti di straordinaria amministrazione (di cui agli artt. 374 e 375 c.c.), coinvolgendo inaspettatamente l’antica categoria notarile, in straordinaria controtendenza con gli ultimi omogenei interventi normativi, tutti evidentemente tesi a ridimensionarne l’ambito operativo.

Ma procediamo con ordine.

Innanzitutto l’art. 21 della normativa in oggetto, riconducendo tutti i poteri autorizzativi al Giudice Tutelare, che diviene nuovo dominus esclusivo delle procedure di volontaria giurisdizione a scapito del Tribunale in composizione collegiale, abolisce l’art. 375 c.c. il cui contenuto confluisce nella disposizione che lo precede; quindi, con un’ulteriore operazione d’apparente intento ottimizzante, attribuisce ai notai la competenza in materia di autorizzazioni relative agli affari di volontaria giurisdizione di cui infra.

In altre parole, per alienare beni, costituire pegni o ipoteche, procedere a divisioni (e promuovere i relativi giudizi), fare compromessi e transazioni, accettare concordati, nell’interesse del minore, dell’interdetto o di un soggetto beneficiario della misura dell’amministrazione di sostegno non occorrerà più l’autorizzazione del Tribunale in composizione collegiale, ma sarà sufficiente quella del Giudice Tutelare, che – addirittura – sarà solo facoltativa.

Quindi, con l’art. 21, rubricato “Attribuzione ai notai della competenza in materia di autorizzazioni relative agli affari di volontaria giurisdizione”, viene attribuito al Notaio rogante la legittimazione a rilasciare le autorizzazioni per la stipula degli atti pubblici e scritture private autenticate nei quali interviene un minore, un interdetto, un inabilitato o un soggetto beneficiario della misura dell’amministrazione di sostegno, ovvero aventi ad oggetto beni ereditari, previa richiesta scritta delle parti, personalmente o per il tramite di procuratore legale.

Dal tenore letterale della norma si evince che la competenza notarile non si estende a tutte le autorizzazioni aventi ad oggetto la stipula di atti pubblici o scritture private autenticate, ma è limitata a determinati atti, avuto riguardo, da un lato, a requisiti di carattere soggettivo (minore, interdetto, inabilitato o soggetto beneficiario della misura dell’amministrazione di sostegno), dall’altro di carattere oggettivo (ovvero per i beni ereditari).  

Ulteriore elemento da evidenziare è il doppio binario voluto dalla Riforma. La norma, infatti, afferma che le autorizzazioni “possono” essere richieste dalle parti al Notaio, per cui rimane ferma la possibilità per gli interessati di adire il Giudice Tutelare. Quanto alla figura notarile la competenza funzionale e territoriale si articola come segue: il Notaio cui le parti possono rivolgersi deve essere rogante, ovvero non un qualsiasi Notaio, ma proprio colui al quale è stata affidata dalle parti la stipula dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata cui inerisce l’autorizzazione; al contempo, l’autorizzazione rilasciata dal Notaio non potrà essere utilizzata da un altro Notaio, anche se dello stesso Distretto di competenza.

Quanto alla competenza territoriale, nessuna limitazione è stata imposta dal Legislatore alla scelta delle parti a differenza di quanto accade per il Giudice Tutelare, per il quale rimane ferma la competenza territoriale e per materia. L’autorizzazione, quindi, può essere rilasciata da qualunque Notaio, ovunque abbia sede sul territorio nazionale, anche al di fuori del domicilio e della residenza dei richiedenti.

Al fine del rilascio della relativa autorizzazione, le parti devono presentare al Notaio una “richiesta scritta” personalmente o per il tramite del “procuratore legale”. È coerente ritenere che la richiesta di autorizzazione al Notaio, per sua stessa natura, non possa che avere lo stesso contenuto del corrispondente ricorso di volontaria giurisdizione già adottato fino ad oggi per i procedimenti in questione. Ad esempio, la richiesta dovrà indicare i motivi di necessità o utilità evidente richiesti dalla legge, la congruità del prezzo di acquisto, e se del caso essere corredata da una perizia asseverata con giuramento ovvero dagli altri documenti ritenuti idonei dal Notaio per ottenere l’autorizzazione; tutto ciò che oggi va sottoposto al Giudice Tutelare od al Tribunale.

Il secondo comma dell’art. 21 attribuisce ai Notai poteri istruttori prevedendo espressamente che possano farsi assistere da consulenti e assumere informazioni presso il coniuge, i parenti entro il terzo grado, gli affini entro il secondo grado nonché presso gli altri chiamati, i creditori risultanti dall’inventario (nel caso di beni ereditari) e il legatario (nell’ipotesi in cui l’istanza di autorizzazione a vendere riguardi l’oggetto di un legato di specie).

Quanto alla forma dell’autorizzazione si ritiene che – fermo restando che la stessa dovrà essere rilasciata in anticipo – potrà essere apposta “in calce” alla relativa istanza autorizzativa, oppure all’interno dell’atto autorizzato (in bozza e non ancora efficace per i motivi che appresso si vedranno), purché appunto assuma forma esplicita; quanto, invece, al contenuto dell’autorizzazione è essenziale che essa esponga i motivi che legittimano la sussistenza dei requisiti richiesti dalla legge per emettere il provvedimento; in particolare i motivi di necessità o utilità evidente richiesti dalla legge (essendo l’autorizzazione impugnabile, è necessario che il giudice dell’impugnazione abbia gli elementi su cui basare la sua valutazione). Inoltre, per il caso che debba essere riscosso un corrispettivo dall’incapace, il Notaio deve determinare “le cautele necessarie per il reimpiego” tenuto conto, verosimilmente, dai criteri stabiliti dall’art. 372 c.c..

Veniamo dunque agli aspetti procedurali più innovativi della normativa.

Il provvedimento autorizzativo va “comunicato” dal Notaio alla cancelleria del Giudice Tutelare che sarebbe competente per l’omologo provvedimento giudiziale ed al Pubblico Ministero presso lo stesso Tribunale. Il legislatore non indica in quale forma debba essere fatta la comunicazione ma va precisato che la norma parla di “comunicazione” e non di “notifica” (non avendo tuttavia i Notai accesso al cd. Fascicolo Telematico, gli stessi dovranno verosimilmente depositare l’atto in cartaceo presso la Cancelleria).

L’autorizzazione diviene efficace decorsi 20 giorni dalla comunicazione senza che sia stato proposto reclamo.

Da tale norma derivano due importanti conclusioni: a) non è ipotizzabile per il Notaio dotare l’autorizzazione di efficacia immediata; b) il reclamo ha effetto sospensivo della esecutorietà del provvedimento, per cui il Notaio non può stipulare l’atto finché non è stato deciso l’eventuale reclamo.

L’autorizzazione del Notaio, non acquista efficacia di “res iudicata”, ma può essere in qualunque momento modificata o revocata dall’autorità giudiziaria (ma non dal Notaio che l’ha emessa), fatti salvi i diritti acquistati in buona fede dai terzi in forza di convenzioni anteriori alla modificazione o alla revoca legittimamente acquisiti dai terzi (cfr. art. 21, comma 6, D. Lgs. 149/2022).

Non poche perplessità desta proprio l’aspetto della reclamabilità dei provvedimenti autorizzativi in esame, disciplinata dal comma 5 dell’art. 21 che ne deferisce la competenza decisionale all’autorità giudiziaria  secondo  le  norme  del  codice  di   procedura   civile applicabili al corrispondente provvedimento giudiziale (sic), senza null’altro specificare quanto alla forma del reclamo oltre che alla competenza a decidere; non resta che attendere un ulteriore e – sperasi risolutivo – intervento normativo che chiarisca una norma che avrà senz’altro e verosimilmente ampia portata applicativa.