La posizione attuale del Tribunale di Bologna in tema di ripetizione di indebito bancario.
La sentenza del 22 settembre 2022 n. 2433 del Tribunale di Bologna (est. Dott.ssa A. Rimondini) consente di fare un vero e proprio punto della situazione sull’orientamento giurisprudenziale del Foro bolognese in ordine alle questioni più dibattute in materia di ripetizione di indebito bancario; la pronuncia, infatti, esamina i temi delle più frequenti eccezioni che i correntisti contestano in giudizio agli istituti di credito.
Sul piano della forma il Tribunale conferma, da un lato, l’orientamento delle Sezioni Unite (Cass. S.U. 16 gennaio 2018 n.898) in materia di contratti c.d. “monofirma”, rigettando l’eccezione di nullità sollevata in presenza di un modulo prestampato con la firma del solo investitore (nel caso di specie, il contratto veniva perfezionato mediante scambio di proposta e accettazione); dall’altro, il Giudice conferma altresì la necessità della sola forma scritta ad probationem per i contratti conclusi anteriormente all’entrata in vigore della legge c.d. sulla trasparenza bancaria, n. 154/1992.
Viceversa, vige la forma scritta essenziale per gli interessi ultralegali i quali, in base alle previsioni dell’art. 1284, III comma, c.c. – debbono necessariamente essere convenuti per iscritto, e questo vale anche per i contratti stipulati prima dell’entrata in vigore della disciplina speciale di settore (art. 4 l. 154/1992 e art. 117 T.U.B.).
Relativamente all’anatocismo, nel caso deciso vi erano contratti stipulati in data antecedente l’entrata in vigore dell’art. 25 del d.lgs. 342/99, disposizione modificativa dell’art. 120 T.U.B. che ha attribuito al C.I.C.R. il potere di stabilire modalità e criteri per la produzione degli interessi sugli interessi maturati nelle operazioni attuate nell’esercizio dell’attività bancaria.
Preso atto dell’assenza, all’interno del contratto di specie, del meccanismo di capitalizzazione con decorrenza paritetica consacrato nella delibera C.I.C.R. del 9 febbraio 2000, il Giudice ha dichiarato nulla la clausola di capitalizzazione, ritenendo di non poter dar luogo all’eterointegrazione del contratto sulla base dell’art. 7 della stessa delibera che considera valide, dal 1 luglio 2000, le clausole anatostiche stipulate dopo tale data. Il Tribunale infatti, con la sentenza in commento, si allinea alla giurisprudenza di legittimità, di recente confermata anche da Cass. 21 giugno 2021 n. 17634, secondo cui è richiesta una specifica pattuizione scritta delle nuove modalità di capitalizzazione, non essendo sufficienti, al riguardo, la comunicazione delle stesse e la loro pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.
Quanto all’usura, altro tema piuttosto delicato nel contenzioso bancario, il Tribunale si allinea alle Sezioni Unite (Cass. 19 ottobre 2017 n. 24675) disconoscendo l’applicabilità della l. 108/1996 alle ipotesi di usura c.d. “sopravvenuta”, ovvero all’ipotesi in cui il tasso degli interessi, originariamente concordato entro la soglia dell’usura, come determinata in base alle disposizioni della suddetta legge, la superi nel corso dello svolgimento del rapporto: al fine di stabilire il superamento del tasso soglia occorre dunque fare riferimento al momento della pattuizione.
La sentenza merita inoltre di essere segnalata anche per la cristallina ricostruzione della differenza tra rimesse solutorie e ripristinatorie già operata dalle Sezioni Unite (Cass. S.U. 2 dicembre 2010 n. 24418): Il Giudice, accogliendo l’eccezione sollevata dalla Banca, aderisce all’orientamento di legittimità in ordine al riparto dell’onere probatorio tra correntista e istituto di credito, che attribuisce a quest’ultimo la facoltà di eccepire la sola prescrizione e l’inerzia del correntista, lasciando invece al cliente l’onere di provare l’esistenza dell’affidamento e della natura ripristinatoria del versamento; in assenza di detta prova a carico del correntista, tutte le rimesse devono, secondo il Tribunale, automaticamente considerarsi solutorie, con la conseguenza di individuare il dies a quo della prescrizione dal momento del pagamento.
Infine, si segnala la decisione sulla liquidazione degli interessi dell’azione di ripetizione da indebito bancario, che il Giudice determina nella misura legale, dalla domanda al saldo: la misura legale ex art. 1284 I comma c.c. e non moratoria ai sensi del IV comma della medesima disposizione: il Tribunale sembra dare quindi seguito all’orientamento che consente l’applicazione del tasso maggiorato solo in caso di inadempimento di accordo avente natura negoziale (Cass. 7 novembre 2018 n. 28409) e non di nullità contrattuale, orientamento che risulta condiviso anche dai seguenti tre precedenti di merito: a) Tribunale di Ferrara (Tribunale Ferrara, ordinanza 20 settembre 2022): b) Appello Catania 19 febbraio 2021, in cui viene affermato “il saggio d’interesse previsto dall’art. 1284, comma 4, c.c. si applica esclusivamente in caso di inadempimento di obbligazioni di fonte contrattuale, facendo la legge riferimento alle transazioni commerciali, sicchè, qualora tali obbligazioni derivino, invece, da fatto illecito o dalla legge, non è ipotizzabile nemmeno in astratto un accordo delle parti nella determinazione del saggio, accordo la cui mancanza costituisce presupposto indefettibile di operatività della disposizione (v. Cass. n. 28409/2018)”; ed infine c) Tribunale Parma 15 ottobre 2021, le ultime due in DeJure.it.