LECITA LA “VIVACIZZAZIONE” DELLE ASTE

Con l’avvento delle operazioni di c.d. cartolarizzazione di portafogli di crediti deteriorati a sensi degli artt. 1 e 5 della legge 30 aprile 1999 n. 130 e ss.mm., da parte degli Istituti bancari ed in favore di società cessionarie aventi come oggetto sociale tale unico fine, sempre più frequentemente queste ultime, per valorizzare il patrimonio immobiliare sottoposto alle garanzie ipotecarie accessorie ai crediti acquistati, provvedono a costituire, a sensi dell’art. 7.1 della normativa succitata “una o più società veicolo d’appoggio, nella forma di società di capitali, aventi come oggetto sociale esclusivo il compito di acquisire, gestire e valorizzare, nell’interesse esclusivo dell’operazione di cartolarizzazione, i beni immobili … concessi … a garanzia dei crediti oggetto di cartolarizzazione”, ovvero le c.d. Reo.Co (acronimo di Real Estate Owned Company).

La ratio di tale norma è del tutto evidente: quella di consentire appunto alle compagini resesi cessionarie di crediti NPL di gestire in modo più efficace ed efficiente gli assets immobiliari sottostanti ai crediti cartolarizzati, dotandosi di una struttura societaria in grado di mantenere ed incrementare il valore di tali immobili per porli sul mercato e quindi, per recuperare valore sui crediti a monte.

Questa attività spesso si concretizza con la partecipazione alle aste giudiziarie, tramite procuratori speciali all’uopo incaricati, in cui vengono posti in vendita gli immobili oggetto di garanzia fondiaria e/o ipotecaria di primo grado, primariamente concorrendo per aggiudicarseli, per poi operare la miglior valorizzazione degli stessi, anche reimmettendoli poi sul mercato immobiliare.

In uno di questi esperimenti di vendita è appunto accaduto che il procuratore della Reo.Co abbia concorso con altro offerente, per l’aggiudicazione del compendio immobiliare staggito e che il secondo sia risultato vincente al termine di una accesa gara, conclusasi dopo numerosi rilanci, per un prezzo molto superiore a quello che era stato posto a base d’asta (quasi il doppio).

L’offerente resosi poi aggiudicatario, successivamente, proponeva reclamo a sensi dell’art. 591 ter c.p.c. avverso l’esito dell’asta, ritenendo che il procuratore della Reo.Co si trovasse in conflitto di interessi, per essere anche Procuratore della società cessionaria e che costui, nell’offrire a rialzo, facendo così lievitare il prezzo finale di aggiudicazione, avesse integrato il reato di turbativa d’asta, per cui chiedeva, previa sospensione delle operazioni di vendita, dichiararsi l’irregolarità dell’incanto, con conseguente revoca dell’aggiudicazione e fissazione di un nuovo esperimento di vendita.

Il Giudice dell’Esecuzione, nel contraddittorio delle parti, ha accolto la tesi dello Studio Legale Lenzi, chiamato ad assistere il creditore procedente, ritenendo innanzitutto che l’appartenenza dell’offerente non aggiudicatario allo stesso gruppo a cui appartiene anche il creditore, è una circostanza ininfluente posto che a sensi dell’art. 571 c.p.c. chiunque può presentare offerte per l’immobile subastato, tranne il debitore ed i suoi eredi.

Quanto invece alla pretesa irregolarità dell’asta, pur ritenendo in termini generali che la turbativa  si possa concretizzare anche attraverso offerte al rialzo, il Giudice dell’Esecuzione ha accertato che questa si era svolta regolarmente, in quanto l’altro offerente avrebbe ben potuto fermarsi prima con i suoi rilanci, se avesse effettivamente voluto rinunciare al meccanismo incrementale tipico delle aste, anche considerato che tale meccanismo, non realizza soltanto l’interesse dei creditori, che è l’obiettivo tipico di ogni procedura esecutiva, ma anche l’interesse del debitore alla massimizzazione del ricavato dalla vendita coattiva, in quanto così lo stesso si libera di una parte più rilevante del proprio debito.